Ci risiamo. “L’Alitalia agli italiani”, è lo slogan che abbiamo sentito da Silvio Berlusconi nel 2008, in vista delle elezioni nazionali. Risultato: vittoria di Berlusconi e 3,2 miliardi di euro a carico del contribuente.
Ci risiamo. Il governo pentastellato ha prorogato il prestito ponte, deciso dal governo precedente, fino a giugno 2019, giusto un mese dopo le elezioni europee.
Meno male che questo è il governo del cambiamento.
Si tratta di 900 milioni che lo Stato, cioè noi, abbiamo dato all’Alitalia per consentirne il funzionamento. Ai 900 milioni vanno aggiunti gli interessi che portano la cifra a 1 miliardo da restituire allo Stato, cioè a noi. Quando, non si sa.
Il dossier è in mano al ministro Luigi Di Maio, al quale ricordiamo che, quest’anno, l’Alitalia registra una perdita di 450 milioni.
Aggiungiamo che il prestito è da configurarsi come aiuto di Stato, il che porta alla relativa contestazione europea e corrispondenti sanzioni. Qualcuno si lamenterà che l’Europa ce l’ha con l’Italia, ma ritorniamo al concetto di “condominio Europa”, dove ogni condomino deve rispettare le regole comuni e non può fare come gli pare.
“Ci serve per rilanciare il turismo”, dirà qualcuno, ma i numeri, non i “numeretti” dimaiani, dicono altra cosa e cioè che l’Alitalia gestisce solo l’8,5% del traffico passeggeri internazionale, da e per l’Italia, che per il restante 91,5% è svolto da altre compagnie aeree. Dal punto di vista turistico la presenza di Alitalia è sostanzialmente ininfluente.
L’importante è che qualcuno faccia credere al popolo che l’Alitalia può essere italiana, cioè statale. Almeno fino alle elezioni europee.
Il tutto a carico del contribuente, ovviamente.
Primo Mastrantoni, segretario aduc