La PA deve garantire imparzialità e trasparenza, parità di trattamento, deve essere inclusiva e perseguire la massima partecipazione alle procedure di affidamento, la sua azione deve essere improntata all’efficienza, all’efficacia e all’economicità. È necessario prevenire ed eliminare le rendite di posizione, il consolidarsi e il cronicizzarsi di rapporti esclusivi fra fornitore e stazione appaltante.
Nel perseguimento di questi obiettivi, il legislatore ha scelto di formalizzare e di dare pieno riconoscimento giuridico al principio di rotazione, già contemplato dalla pregressa disciplina codicistica, all’art. 36, comma 1 del dlgs n. 50/2016 (la cui declinazione attuativa è stata affidata alla soft law Linee Guida ANAC n. 4, punti 3.6 e 3.7), dedicandogli l’articolo 49, che prevede il Principio di rotazione degli affidamenti secondo quanto segue.
Il principio di rotazione
- Gli affidamenti di cui alla presente Parte avvengono nel rispetto del principio di rotazione.
- In applicazione del principio di rotazione è vietato l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi.
- La stazione appaltante può ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico. In tale caso il divieto di affidamento o di aggiudicazione si applica con riferimento a ciascuna fascia, fatto salvo quanto previsto dai commi 4, 5 e 6.
- In casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto, il contraente uscente può essere reinvitato o essere individuato quale affidatario diretto.
- Per i contratti affidati con le procedure di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c), d) ed e), le stazioni appaltanti non applicano il principio di rotazione quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata.
- È comunque consentito derogare all’applicazione del principio di rotazione per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro.
Anche se i principi sopra enunciati hanno certamente valenza assoluta, ci si deve chiedere se la nuova norma (che sostanzialmente recepisce i principali orientamenti giurisprudenziali e le indicazioni fornite dalla soft law) sia veramente idonea a garantirne l’attuazione, se il principio di rotazione sia lo strumento adatto, se una sua applicazione rigorosa e letterale possa produrre gli effetti auspicati o, al contrario, generare costi “occulti” in termini di efficienza ed economicità. Potrebbero il nuovo quadro normativo e le indicazioni ANAC generare effetti diametralmente opposti a quelli auspicati dal legislatore?
Il principio di rotazione impatta sul 70% del totale degli affidamenti
Il principio di rotazione è uno degli istituti più incisivi e influenti nell’ambito della gestione degli affidamenti di beni, servizi e lavori su scala nazionale. Secondo i dati ANAC, le procedure su cui impatta costituiscono oltre il 70% del totale degli affidamenti. A giudicare dalla copiosa giurisprudenza disponibile sul tema è, probabilmente, anche uno dei principali motivi di “rallentamento” delle procedure amministrative di appalto. Del resto, più che l’esplicitazione di un principio, sulle stazioni appaltanti viene imposto un vero e proprio obbligo – circostanza piuttosto rara nell’ambito dei princìpi statuiti dal codice dei contratti – mitigato soltanto da una flebile facoltà di disapplicazione, non facile da motivare.
Il legislatore, vietando «l’affidamento o l’aggiudicazione di un appalto al contraente uscente nei casi in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi» utilizza concetti fisiologicamente oggetto di interpretazione e il cui ambito può essere ampliato o ristretto in ragione del significato che gli viene attribuito. Diversa ampiezza ha il settore pulizie, da quello di pulizie di immobili, da quello di pulizie di arredi o di pulizie di tendaggi e tappeti; ma questo sembra rientrare nella discrezionalità della stazione appaltante, circostanza virtuosa ma che rischia di generare disparità di comportamento e trattamento fra stazioni appaltanti e, conseguentemente, nei confronti del mercato. Analoga criticità può rilevarsi nella successiva disposizione secondo la quale “la stazione appaltante può ripartire gli affidamenti in fasce in base al valore economico” nel cui ambito applicare il principio di rotazione, ma del resto è uno strumento utile, indispensabile per limitare l’obbligo di “esclusione preventiva” ad affidamenti di importo equiparabile (essere estromessi da una procedura da 100 mila euro per essersene aggiudicata una di 15 mila non sarebbe certo ragionevole né giusto). Un significativo passo avanti rispetto al passato.
Applicazione e disapplicazione del principio di rotazione
Il principio di rotazione sembra aver trovato una zona di stabilità nell’affermarsi, tra le altre cose, come contrappeso rispetto alla facoltà attribuita all’amministrazione appaltante di individuare gli operatori economici con i quali contrattare. Pertanto, come emerge anche dalle linee guida dell’ANAC (n. 4 del 26 ottobre 2016, aggiornate con delibera 1 marzo 2018, n. 206), quando l’amministrazione procede attraverso un avviso pubblico aperto a tutti gli operatori economici, non dovrebbe applicarsi in quanto la stazione appaltante sta rinunciano all’esercizio della discrezionalità sulla scelta o sulla limitazione dei soggetti da invitare, al pari di quanto accade nelle procedure aperte.
Il nuovo codice riprende le indicazioni, prevedendo che «le stazioni appaltanti non applicano il principio di rotazione quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla successiva procedura negoziata», testo che apre alla possibilità di derogare nel caso di procedure svolte con una richiesta di manifestazione di interesse, seguita dall’invito di tutti i candidati, ovvero alle RDO aperte.
Già L’ANAC, con delibera del 10 luglio 2019 n. 63, aveva previsto (al punto 3.6) che: «La rotazione non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione». Oltre alla totale apertura degli inviti, le stazioni appaltanti possono derogare alla rotazione “in casi motivati con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternative, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto” da parte del contraente uscente.
Anche questa norma recepisce l’orientamento ANAC (Linee Guida 4) che ha previsto che:
- la stazione appaltante deve motivare, in modo stringente, l’affidamento o il reinvito al contraente uscente in considerazione della particolare struttura del mercato e della riscontrata effettiva assenza di alternative, tenuto altresì conto del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento;
- la motivazione circa l’affidamento o il reinvito al candidato invitato alla precedente procedura selettiva, e non affidatario, deve tenere conto dell’aspettativa, desunta da precedenti rapporti contrattuali o da altre ragionevoli circostanze, circa l’affidabilità dell’operatore economico e l’idoneità a fornire prestazioni coerenti con il livello economico e qualitativo atteso.
Purtroppo, pur apprezzando il tentativo dell’ANAC, neanche sfruttando i suggerimenti e gli esempi utilizzati nell’ambito delle Linee Guida si riesce a superare il formalismo dell’onere motivazionale richiesto alla stazione appaltante. Relativamente alla casistica di cui al punto 2., nel prevedere un onere motivazionale “stringente” si fa riferimento a concetti del tutto generici e difficilmente sfruttabili:
- la particolare struttura del mercato: tranne in particolari casi, legati a beni e servizi di “nicchia” ovvero a realtà geografiche dove effettivamente si fatica a reperire fornitori, nella maggior parte dei casi le procedure vengono eseguite senza una preventiva (strutturata) analisi del mercato di riferimento, sia per ragioni di speditezza che di economicità; del resto si tratta di procedure “semplificate”, di basso valore;
- al fine di riscontrare la effettiva assenza di alternative si potrebbe ricorrere alla preventiva indagine di mercato volta alla raccolta delle manifestazioni di interesse, in esito alla quale il RUP potrebbe farsi un’idea della struttura del mercato e della effettiva presenza di soggetti interessati alla erogazione della prestazione, ma certamente questa procedura non può essere generalizzata se non a scapito della efficienza, economicità e speditezza dell’azione amministrativa;
- relativamente al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale, al netto dell’utilizzo di questionari di gradimento e di soddisfazione da somministrare all’utenza (strumento certamente più attagliato al settore dei servizi), appare difficile poter motivare una deroga normativa ricorrendo ai concetti enunciati dall’ANAC di “esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti”, di fatto già contenuti nelle ordinarie attestazioni di corretta esecuzione strumentali al pagamento delle prestazioni e comuni a tutti quegli affidamenti in cui non siano state applicate penali in corso di esecuzione.
Questo a meno di non voler affermare il principio secondo il quale sia facoltà della Stazione appaltante reinvitare un fornitore nel caso in cui non abbia avuto occasione di contestarne l’operato; ma né il tenore letterale della normativa né gli orientamenti giurisprudenziali consolidati sembrano andare in questa direzione; del resto, se questo fosse stato l’intendimento del legislatore, avrebbe potuto adottare formule più semplici per esprimerlo. - Con riferimento alla competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento, è bene evidenziare che la stessa non ha trovato spazio all’interno dell’art. 49 del nuovo codice. L’eliminazione di tale previsione semplifica l’attività del RUP che, al netto di complesse attività di analisi del mercato e nella impossibilità di confrontare i prezzi offerti dagli operatori in gara (proprio perché tale valutazione avrebbe dovuto avvenire prima di avviare la procedura) sarebbe chiamato ad un complesso esercizio di fantasia.
L’esclusione degli invitati
La nuova formulazione del codice supera l’impostazione definita dall’ANAC che aveva esteso l’applicazione del principio di rotazione non solo al contraente uscente ma anche all’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento. Il comma 2 dell’art 49 ha, quindi, “ristretto” il campo di applicazione al solo soggetto aggiudicatario, escludendo, invece, dal divieto coloro che erano stati soltanto invitati alla precedente procedura negoziata, senza conseguire poi l’aggiudicazione. Si è sostanzialmente eliminata una anomalia che penalizzava oltremodo e ingiustificatamente i concorrenti alle procedure di gara, in sostanza «si è ritenuto di escludere la rotazione a carico del mero invitato, poiché in tale ipotesi la contrazione del principio concorrenziale non risulta in alcun modo giustificata».
Ci si chiede se il principio di rotazione sia ugualmente efficace in ambiti diversi come servizi, forniture e lavori
L’analisi della ratio della norma, è pensata per evitare il consolidarsi di indebite “posizioni di favore” e inaccettabili “chiusure surrettizie” del mercato, a tutela della concorrenza e quale strumento di attenuazione della discrezionalità riconosciuta alle stazioni appaltanti nell’ambito della selezione dei propri interlocutori. È evidente lo sforzo che operatori pubblici e interpreti devono fare per conciliare tale strumento con gli altri principi che ispirano l’azione amministrativa nell’ambito degli appalti pubblici e purtroppo la formulazione della nuova norma non sembra in grado di migliorare la situazione.
Nel perseguire tale ambizioso obiettivo, pur nella consapevolezza che nessuna enunciazione potrà mai azzerare il contenzioso, si ritiene utile recepire una indicazione proveniente dalla prassi circa l’opportunità di differenziare l’applicazione del principio di rotazione in ragione della tipologia di affidamento. In questo ambito, infatti, ci si dovrebbe chiedere se tale principio, ed il connesso divieto di invito, sia in grado di esplicare efficacemente i propri effetti – indifferentemente – in tre ambiti tanto diversi come quelli dei servizi, delle forniture e dei lavori.
Simone Cannaroli – www.leurispes.it