La Camera dei deputati ha approvato definitivamente il Disegno di Legge a prima firma del ministro della giustizia, Carlo Nordio. Il provvedimento prevede, all’art. 1, l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e la riformulazione del reato di traffico di influenze illecite.
Si tratta di una scelta che, nelle intenzioni dichiarate dal legislatore, persegue l’obiettivo di scongiurare la cosiddetta “paura della firma” del personale dirigente della Pubblica Amministrazione e di velocizzare le procedure amministrative.
Appare importante osservare come il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, entrato in vigore il 1° Luglio 2023, già interveniva con autorevolezza su questo tema, perimetrando in modo puntuale la definizione di “colpa grave” in relazione alla responsabilità amministrativa, come recentemente ricordato anche dal Procuratore Generale presso la Corte dei Conti Pio Silvestri nella sua requisitoria orale al giudizio sul Rendiconto dello Stato.
Da tempo, come Avviso Pubblico, abbiamo espresso preoccupazione per la scelta di cancellare il reato di abuso d’ufficio (vd. il comunicato del 10 Gennaio 2024) perché in controtendenza rispetto alla Convenzione di Merida e alla proposta di Direttiva UE sulla lotta contro la corruzione che indicano impegni precisi sul tema – come ha ricordato anche il Procuratore nazionale antimafia in sede di Commissione parlamentare antimafia nel giugno 2023 – con l’effetto di creare un pericoloso vuoto normativo e di indebolire le indagini contro mafie e corruzione.
L’abuso d’ufficio, dopo numerosi e anche recenti interventi del legislatore sul testo, che forse avrebbero consigliato più prudenza quantomeno per valutare l’impatto delle riforme, viene dunque abrogato con una novità di cui si deve tenere conto. Pochi giorni prima del via libera finale al testo è, infatti, arrivata la promulgazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto-Legge 92/2024 (qui la scheda di sintesi) che, tra le altre cose, all’art. 9 introduce una nuova fattispecie di reato: l’art. 314-bis c.p. (“Indebita destinazione di denaro o cose mobili”), già ribattezzato come “Peculato per distrazione”.
In attesa della conversione in legge del Decreto e di poter leggere ulteriori e più approfonditi commenti della dottrina penalistica, sembra che il legislatore abbia imboccato la strada di una parziale “abrogatio sine abolitone” del reato di abuso d’ufficio. Va tenuto a mente, infatti, che il riferimento alla condotta “distrattiva” nel reato di peculato è stato eliminato nel 1990 e da allora tale condotta, secondo l’orientamento della Cassazione, è confluita nell’art. 323 c.p., proprio quello che oggi, compiendo il percorso inverso, viene abrogato.
In questo quadro di incertezza sarà naturalmente decisivo valutare, nei prossimi mesi, quali saranno gli orientamenti applicativi dei giudici di merito e di legittimità in ordine alla sussistenza e all’ampiezza della cd. “continuità normativa” tra la nuova fattispecie di peculato per distrazione e un pezzo dell’abrogato abuso d’ufficio: sciogliere il nodo, in un senso o nell’altro, avrà riflessi sui processi in corso e sulle condanne già pronunciate.
Quel che appare certo è che, in ogni caso, nel nome della velocità e della riduzione degli ostacoli che alcune norme rappresenterebbero, si elimina l’abuso d’ufficio ovvero quella fattispecie di reato che viene considerata come la norma di chiusura del sistema anticorruzione, un presidio fondamentale anche alla luce delle note difficoltà di indagine che caratterizzano quest’ambito: avvertono molti magistrati ed esperti del settore, infatti, che spesso da indagini sull’abuso d’ufficio emergono tracce di reati corruttivi, i più difficili da scovare essendo fondati su un patto occulto.
Per migliorare l’azione della Pubblica Amministrazione la strada maestra, dunque, non è quella di indebolire o rendere più incerti i presidi penalistici, bensì quella di potenziare con risorse economiche, strumentali e di personale debitamente formato gli uffici pubblici, a partire dagli Enti locali, oggi in grande sofferenza.