Messinesi, prepariamoci alla campagna elettorale per scegliere il sindaco. Prepariamoci con il solito ritornello: “vi regaleremo una democrazia sognata”. Una libertà solo letta. Innanzitutto è necessario mettersi in posizione d’ascolto: messinese, ascolta bene le parole, è necessario scoprire perché credono che quello che sostengono sia giusto. Messinese, prova a capire cosa c’è dietro il comportamento dei candidati, e spiegagli che ci sono altri modi per ottenere quello che vogliono (poltrone, incarichi, benefit, ecc) o per sentirsi meglio di noi utili stupidi. La politica dovrebbe essere servizio per aiutare i cittadini, la vera mission del sindaco, degli assessori, dei consiglieri è cercare di essere sempre d’ispirazione e d’esempio. Lo so, è un’utopia da custodire per identificarsi. Scandali, condanne, polemiche, gettoni, sedute del Consiglio comunale andate deserte. E poi, promesse da marinaio di Accorinti & Co. Quante occasioni perdute.
“Io penso che i popoli democratici provino per la libertà un gusto naturale: abbandonati a se stessi la cercano, l’amano e se ne distaccano con dolore”. Sono parole di Furio Diaz, nel suo scritto “L’utopia liberale”.
Uno scritto che lascia il sapore che ricorda un desiderio. Che non si rispecchia nella realtà. Votare non è facile, non è semplice. E’ una dura responsabilità verso promesse. Ben dette. E’ la stessa di un genitore irresponsabile che ama fantasticare sulla strada dei propri figli; non per cattiveria, ma solo perché vorrebbe vederli crescere nel migliore dei modi. Ma se non è certo di quello che promette, sarebbe meglio che fosse solo sincero. Fare un passo indietro non è mai cosa da poco. Molti dei candidati dovrebbero ricordare che “l’essere umano è limitato” e non ce la fa ad accontentare tutti. Non ce la può fare a spiare nella finestra di chiunque abbia un lamento. Di chiunque abbia semplicemente una voce: quella che chiede di convivere con la verità. La troppa confusione crea solo rabbia o magari semplicemente solo voglia di parlare. Ed ecco che la voce di tutti soffoca la semplicità della civile convivenza. Tutti gli esseri umani hanno un’intelligenza che rispetta la loro natura. Tutti coloro che si guardano allo specchio sanno cosa è giusto e cosa no. Tutti gli adulti hanno imparato almeno una preghiera da piccoli, ma non è detto che quella stessa preghiera debba per forza essere soffocata da un’ansia. Il potere. Più o meno tutti quanti sono cresciuti con l’idea di un Dio nel proprio cuore. Quello stesso Dio che, anche se con un nome diverso, ha voluto trasmettere il senso del bene e del rispetto. Non si capisce perché ora sia tutto così complicato, perché sia tutto così difficile da capire. Il potere. Sembra che sia così arduo da ottenere, ma in realtà basta davvero poco. Basta saper “comunicare”, o magari solo possedere tutti i mezzi di comunicazione. Forse la retorica e la dialettica non sono servite a tanto. Non sono servite a noi, a farci capire la loro importanza. Forse il senso dell’argomentazione è stato solo un pretesto per farci parlare. Quella di credere che il nuovo partito sia più attento, non al voto, ma al cittadino. Quella stessa schiavitù che spinge chiunque ad alzarsi, in una bella giornata di elezioni, a credere di metterci del suo nel progetto, ideale, della tranquillità di tutti. Allora perché a Messina siamo messi così male? Prima di dare fiducia a qualcuno dei candidati è necessario chiedersi perché in tutti questi anni, dopo ogni elezione, il salvatore di turno, il paladino degli ultimi, il filantropo della comunità sia diventato un cattivo esempio. Ecco, caro elettore. il mio dovere l’ho fatto.