Se loro vogliono essere i primi io allora sono l’ultimo.
Ma che cos’è “una città per tutti”? E’ un luogo in cui chiunque, dico chiunque, può realizzarsi facendo il lavoro che ha sempre sognato? E’ un luogo dove chiunque può entrare in un “Palazzo” ed essere ascoltato e aiutato in maniera lecita, ovviamente, senza dover ricorrere a raccomandazioni? E’ un luogo dove prendere un treno non diventa un’impresa sovrumana?
E’ un luogo dove ciascuno possa orientarsi agevolmente, aiutato da sistemi tecnologicamente all’avanguardia, ma ancor di più dalla cortesia consapevole delle altre persone? E’ un luogo dove una persona con disabilità può andare a fare la spesa senza che diano il resto al suo accompagnatore? E’ un luogo dove essere “diverso” non è una colpa, ma una risorsa per tutta la società?
Il rapporto causa-effetto è una forma di superstizione, ebbe a dire Bertrand Russell. Allora, per consolarci, abbiamo rovesciato i termini, inventando il rapporto effetto-causa. C’è un fatto, un “effetto” da qualche parte? Allora dietro ci deve essere una causa. Una causa sociale, naturalmente.