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Lo scoppio della lite per la gestione della Baraccopoli di Messina apre uno scenario di fondo del quale non si conoscono ancora con precisione tutti gli elementi, ma in astratto è inquietante di per sé. E, certifica, ancora una volta, come non hanno funzionato le misure di prevenzione e controllo.
Ed è lo stesso Renato Schifani ad ammetterlo: “Palazzo d’Orléans precisa che lo scorso 7 febbraio è stata avviata la procedura di revoca dalla nomina ai sensi della legge 241/90. La decisione è stata assunta a seguito di “specifiche criticità” riscontrate nella gestione delle funzioni affidate che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario con il presidente della Regione che lo ha nominato. Palazzo d’Orléans ha dato sette giorni di tempo all’avvocato Scurria per presentare le proprie controdeduzioni, non ancora pervenute, all’esito delle quali verranno valutati i provvedimenti più idonei da adottare”.
Cosa voglia intendere il governatore Schifani con “specifiche criticità” non è dato saperlo ma – passateci il termine – un simile voltafaccia di Schifani nei confronti dell’avvocato Marcello Scurria, è emblematico e ha riflessi sullo stato di salute, già cattivo, della nostra politica.
Crediamo che l’invito a essere rigorosi, oltre con se stessi, anche nei rapporti con il mondo economico e imprenditoriale e con le pubbliche amministrazioni, debba assolutamente valere per tutti. Nessuno può vantare un Dna che lo possa escludere da verifiche quotidiane dei propri comportamenti: la storia ci ricorda che Tangentopoli e il sacco edilizio non erano solo un giro di bustarelle, ma un rischio concreto di bancarotta del sistema economico. Pagine e pagine di inchieste hanno rivelato che le collusioni tra mafia e politica mettevano a nudo un sistema di corruzione così vasto, una metastasi così ramificata, da mettere a rischio persino la democrazia. E qualcuno, più di uno, ha troppo in fretta dimenticato che il lievitare di tutte quelle opere pubbliche, costose, servivono solo ad alimentare il circuito della corruzione col meccanismo della “variazione dei prezzi” o in qualche caso, delle offerte nelle aste pubbliche, per consentire l’arricchimento personale di politici e la finanza allegra di qualche famiglia.
Oggi le bustarelle sono passate di moda: si usano, per esempio, superconsulenze, incarichi professionali e manifestazioni di ogni genere. Il gioco è fatto perché la corruzione quasi sempre paga: niente accomuna come il crimine.
A volerla vedere da un’altra prospettiva questo territorio è una tavola imbandita in cui si mangia e si fanno operazioni sempre. Da giornalista osservo i milioni di euro che si gestiscono, i posti che si concedono – grazie alla storiella dei cosiddetti “zozzoni” – alla connessa crescita elettorale, i palazzi deprezzati che si comprano, le attività commerciali chiuse e gli operai licenziati che dovranno cedere l’indipendenza elettorale per un posto di lavoro.
Messina è poesia dove si riesce a mangiare in tanti anche se aumenta il numero dei senza tetto. Arte pura credeteci. E sarebbe un grave errore pensare a un solo uomo che è a capo di tutto; che certamente ha il ritorno elettorale, i fondi pensione a vita nelle partecipate: mica solo bancomat. La cerchia di potere che da sempre, ben governa dall’alto, non può non avere benedetto – ovviamente non gratis – quest’uomo.
E poi ci sono le tasse dei croceristi, ci sono i finanziamenti per gli studenti all’estero; ci sono i giochi d’acqua e i concerti, mercatini d’estate e d’inverno. D’accordo, ogni volta che si aprono certe discussioni sulla civiltà di Messina si diffonde sempre un’ombra di malinconia, e spesso d’indignazione. E infatti le nostre riflessioni hanno una vena sarcastica e il sarcasmo nasce sempre da una rabbia dolente. Non crediamo che la storia di tangentopoli o del sacco edilizio siano state dimenticate, ma ecco che a ricordarle meglio ora, non si faccia male.
E per questo vi consigliamo di leggere (o rileggere) Gogol’, Le anime morte. Affresco grandioso e sconvolgente della Russia di metà Ottocento, “Le anime morte” intreccia passaggi lirici, particolari surreali e romantici, dimensioni metafisiche e macabre, dialoghi comici, iperbolici e funambolici artifici stilistici. Vi sfila una galleria di personaggi appartenenti a tutte le classi sociali, le cui anime sono moralmente morte, ancor più dei servi deceduti e comperati da Cicikov per ottenere le assegnazioni di terre concesse a chi dimostrava di possedere un certo numero di servi della gleba.
Solo una commedia grottesco-satirica poteva descrivere questa ottusa società di proprietari terrieri, contadini e funzionari, immersa in una palude di stupidità e pigrizia provinciale, di mediocrità e pochezza morale. Un capolavoro in cui Gogol’, con la sua anarchica energia vitale, infonde l’essenza del carattere russo e, al tempo stesso, sfiora gli orrori nascosti nel profondo di tutti noi. Queste pagine rispecchiano ciò che è oggi Messina: va bene descrittivamente e capirete come si può lucrare.
Buona domenica