Contributi editoria. Meglio il mercato o il regime dei partiti?

Slitta di altri due anni, dal 2025 al 2027, il taglio dei contributi all’editoria: lo prevedono emendamenti bipartisan al decreto legge Milleproroghe approvati dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera. La proroga riguarda “la riduzione e l’abolizione dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici”, decisa nel 2018 “in previsione di una revisione organica della normativa a tutela del pluralismo dell’informazione, che tenga conto anche delle nuove modalità di fruizione dell’informazione da parte dei cittadini” (Ansa).

 

I contributi all’editoria sono quei soldi che vengono dati a tutti i media italiani (con rarissime eccezioni) e anche ad alcuni che, senza quei soldi, non ce la farebbero ad esistere perché non in grado di avere un giusto equilibrio finanziario con costi, lettori/acquirenti e pubblicità. Il motivo per cui questi soldi vengono erogati è per la libertà di stampa: dicono che, altrimenti, prevarrebbero solo i grandi editori, facendo venir meno soprattutto alcune realtà locali.

 

Riduzione e abolizione decisa nel 2018, si va avanti a proroghe. Assomiglia alle proroghe che vengono fatte per l’attuazione della Bolkestein, che dovrebbe far entrare il mercato nella fruizione delle spiagge demaniali ma, siccome rimette in discussione rendite di posizione e circoletti di consenso dei partiti, non arriva mai al dunque.

Questa dei balneari/Bolkestein dura da più di dieci anni e non abbiamo segnali che altrettanto possa accadere per la vicenda dei contributi all’editoria, anche perché la proroga è sostenuta sia dai partiti di governo che da quelli di opposizione.

 

La domanda che si pone è questa: in un’economia di mercato e di libertà di comunicazione ed espressione, è funzionale questo finanziamento che, così com’è, altera il mercato: perché aziende non pubbliche (e ci sarebbe da discutere anche per quelle pubbliche, tipo Rai) devono godere di finanziamenti in nome di un pluralismo dell’informazione che, invece, chi meglio del mercato potrebbe determinare/selezionare? Per i timori che altrimenti il mercato sia dominato solo da grandi aziende editoriali, non basta la vigilanza Antitrust?

 

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc