Il Piano sanitario emergenziale per il Coronavirus, varato a gennaio scorso, fu secretato, cioè nascosto nei cassetti. Pochi giorni dopo fu proclamato lo Stato di emergenza. La domanda sorge spontanea: perché il Governo proclama lo Stato di emergenza senza informare del Piano sanitario? Perché un'organizzazione, la Fondazione Einaudi, è dovuta ricorrere alla magistratura per costringere il Governo a rendere pubblici i verbali del Comitato tecnico scientifico sul Coronavirus? Abbiamo sentito giustificazioni del tipo: non volevamo allarmare la popolazione. Ma è proprio la non conoscenza che aumenta i timori. Come non capirlo? La conoscenza del problema avrebbe consentito la predisposizione di programmi comprensibili e accettabili, invece, si è scelto di ricorrere a piani emergenziali dei quali non si capiva la necessità. Trasparenza e conoscenza consentirebbero di affrontare i problemi e trovare soluzioni, in particolare per quello che è un appuntamento ineludibile: l'anno scolastico. L'apertura deve fare i conti con una serie di problemi: l'agibilità delle aule, il trasporto pubblico e le misure da adottare in caso di infezioni. Si potevano programmare per tempo le azioni da svolgere, perlomeno dal 31 gennaio scorso, quando è stato decretato lo Stato di emergenza; sono passati sette mesi durante i quali poco o nulla è stato fatto. Ricordiamo che il bando per banchi scolastici è stato varato i primi di agosto, a poche settimane dalla apertura delle scuole. Con questi problemi, con la tragedia provocata dal virus e la drammatica situazione economica, la ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina (M5S), è riuscita a dichiarare: stiamo per scrivere un nuovo capitolo della Storia. La realtà sfugge. Primo Mastrantoni, segretario Aduc