Appello ai cittadini, alle forze politiche, sindacali ed associative a vigilare sul rispetto della Volontà Popolare. Gestione pubblica e partecipata dei servizi pubblici locali è garanzia di democrazia, sviluppo ecosostenibile, controllo delle tariffe e salvaguardia dei diritti delle generazioni future.
È di questi giorni la notizia che il neo sindaco di Messina De Luca minacci le dimissioni un giorno sì e uno no, ricattando l’intero Consiglio Comunale di tornare a casa se non lo asseconda sulla volontà di privatizzare le società di gestione dei servizi pubblici locali, acqua, rifiuti, trasporti; servizi che la giunta Accorinti aveva trovato in uno stato di pauroso dissesto finanziario utile a privatizzarli e che faticosamente aveva cominciato a mettere in sicurezza e rilanciare, salvando tutti i posti di lavoro e la natura interamente pubblica delle società di gestione dei servizi.
Su Palermo si è scatenata una tempesta politica sui disallineamenti di bilancio sanciti dalla relazione del collegio dei revisori, massimamente dovuti alle partecipate del Comune che gestiscono acqua, rifiuti, energia e trasporti; le opposizioni di Orlando ne chiedono le dimissioni, non ricordando che appena sei anni fa le stesse partecipate erano al default e che, malgrado i debiti accumulati dalla precedente amministrazione Cammarata per assicurarne il fallimento e la privatizzazione, le società che gestiscono i beni e servizi pubblici sono rimasti in mano pubblica affrontando, ognuna, criticità di non poco conto ed assumendo le responsabilità economiche e dei lavoratori sull’orlo del licenziamento scaturenti dal fallimento delle privatizzazioni e della cattiva gestione.
Forse è bene ricordare che dal 13 giugno 2011, giorno in cui la maggioranza assoluta degli italiani e dei siciliani votando i Referendum promossi dal Forum Italiano dei movimenti per l’Acqua disse No alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, acqua, energia, rifiuti e trasporti, i cittadini sono stati raggirati e beffati da tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese e della Regione.
Se Berlusconi aveva tentato di imporre le privatizzazioni per legge, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni lo hanno fatto aggirando la Volontà Popolare con una serie di leggi e decreti volti a costringere i Comuni, sui quali sono stati scaricati i tagli di spesa introdotti col pareggio di bilancio, a mettere sul mercato i servizi pubblici essenziali.
La strategia di privatizzazione dei Beni Comuni, cioè quei beni di appartenenza collettiva di proprietà di tutti gli italiani, viene da lontano; è stata voluta dall’Europa che l’ha fortemente “caldeggiata” ai Paesi membri per rispondere ai dictat neoliberisti della finanza globale.
L’italia, senza che ci fosse alcun obbligo a farlo, ha addirittura modificato la Costituzione per imporre il pareggio di bilancio e favorire le privatizzazioni; così mentre i Paesi forti dell’UE stanno ripubblicizzando proprio quei servizi, i Comuni italiani “devono” cederli ai privati, cioè a multiutility e multinazionali quotate in borsa, perdendone definitivamente la proprietà ed il controllo, privando o deprivando in definitiva i cittadini dei loro beni pubblici.
La politica del debito dei Comuni, che in larga misura è politica degli interessi sul debito senza mai andare a spacchettare questo debito per capire chi lo ha prodotto, se è legittimo o inesigibile, se infine non è funzionale all’ulteriore indebitamento utile a imporre la privatizzazione dei Beni Comuni, consiglierebbe agli Enti Locali politiche finanziarie non da meri contabili ma con una chiara visione politica, che tenga conto dell’obiettivo che si vorrebbe conseguire con i tagli dei fondi dello Stato e della Regione e che sappia ad essi reagire e resistere in difesa del Pubblico interesse che rappresentano, quello dei cittadini.
Sia il Movimento 5 stelle che la Lega hanno cavalcato a livello nazionale il tema della ripubblicizzazione dei servizi proposto dai Movimenti col Referendum del 2011, facendosene primi paladini ed ottenendo per questo un grande consenso elettorale. L’attuale Governo ha messo la ripubblicizzazione nel “contratto di governo”, ed attendiamo di vederli alla prova legislativa, posto che i loro amministratori locali, a partire dalla Sindaca di Roma, hanno finora contraddetto ogni proclama elettorale. A Palermo non solo il M5S ma anche l’esponente dei Coraggiosi Ferrandelli, ha cavalcato i Referendum, sebbene da componente della Commissione Ambiente all’ARS durante la discussione della legge di Iniziativa Popolare e Consiliare per la ripubblicizzazione dell’acqua in Sicilia non abbia contribuito ai lavori. Verso quali politiche spingono ora?
Posto che tutti i costi dei servizi erogati dalle società partecipate dai Comuni o di quelle privatizzate sono a carico della tariffa che pagano i cittadini e che di questi servizi, che non a caso si chiamano Pubblici essenziali, la collettività non potrà mai fare a meno, continuiamo a non capire quale possa essere il vantaggio delle privatizzazioni, se non quello di garantire profitto e appalti a società che alla prova dei fatti hanno già abbondantemente fallito la mission di efficienza, efficacia ed economicità, lasciando per le inefficienze prodotte, in molti casi già conclamati o prossimi a venire, debiti, personale e multe comunitarie milionarie sul groppone del Pubblico, cioè sempre sulle spalle dei cittadini.
Non capiamo perché la Regione continui a non voler affrontare con il Forum siciliano dei movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni il tema della ripubblicizzazione dei servizi a partire dall’Acqua, non applicando le leggi e continuando nei fatti a favorire gestioni private tutte sotto la lente della magistratura per la quantità di illegittimità amministrative e penali di cui pare non accorgersi. Non capiamo verso quali politiche, se non quelle di una nuova stagione di privatizzazioni selvagge, vogliano andare i Consigli Comunali di Messina, di Palermo, e di tutti i Comuni siciliani, se continueranno a non volere assumere la responsabilità di rispondere alla Volontà Popolare espressa con i Referendum del 2011 di una gestione Pubblica e Partecipata dei Servizi Pubblici essenziali, che non ci stancheremo mai di ribadire, si ottiene riportando in mano interamente pubblica le società privatizzate e trasformando le società, anche ad intero capitale pubblico, da S.P.A. in Aziende speciali o Aziende speciali consortili. Uscendo dal diritto privato che al mutare del quadro politico consente di privatizzare le S.P.A. come si vorrebbe fare a Messina, per rientrare nel diritto pubblico; mettendo in sicurezza i servizi essenziali, reinvestendo gli utili nel miglioramento del servizio e nella diminuzione delle tariffe anziché in dividendi per gli azionisti, ed a garanzia del legittimo diritto sui Beni Comuni delle generazioni presenti e future.
Questa è la transizione giuridica che da anni come Forum Italiano e Siciliano chiediamo a tutte le forze politiche, i Governi e gli Enti Locali per mettere in sicurezza i servizi pubblici essenziali e con essi i lavoratori, che sono stati travolti dalla stagione delle privatizzazioni con la precarizzazione dei rapporti di lavoro.
La transizione politica che da anni chiediamo a tutte le forze politiche, i Governi e gli Enti Locali è quella ecologica nella gestione dei servizi, in cui le Aziende, braccio operativo dei Comuni, lavorino in sinergia per rispondere alle emergenze climatiche, ambientali, sociali ed economiche facendo perno sui principi dell’economia circolare, dell’innovazione, delle energie rinnovabili, della partecipazione e controllo democratico dei cittadini.
Per questo facciamo appello a tutte e tutti i cittadini siciliani, alle forze politiche, sindacali ed associative a vigilare sulle prossime mosse politiche del Governo della Regione, di ogni Sindaco e di ogni Consiglio Comunale e sulle loro conseguenze; affinché i Beni Comuni e i servizi pubblici non siano ancora e sempre ostaggio di logiche finanziarie più o meno trasparenti o terreno di scontro politico tra maggioranze ed opposizioni, ma vengano intesi come risorse naturali, sociali ed economiche che il Pubblico gestisce per conto dei cittadini e insieme a essi per fondare un nuovo benessere ecosostenibile, la sicurezza e salubrità dei territori, la ricchezza anche economica che dalla corretta gestione dei Beni Comuni può scaturire.
SI SCRIVE ACQUA E BENI COMUNI, SI LEGGE DEMOCRAZIA