Apparentemente tutto come previsto. Messina è grigia, non trasparente, in attesa di una rivoluzione dei costumi e soprattutto della politica. L’operazione “terzo livello” condotta dalla DIA di Messina in sinergia con il Centro Operativo di Catania, supportati dai Centri e Sezioni di Reggio Calabria, Palermo, Bari, Roma, Caltanissetta, Catanzaro e Agrigento non aggiunge nulla di più a quello che già purtroppo si sapeva: un tavolino d’affari tra politica, imprese e criminalità.
Tutto cambia affinchè nulla cambi. La gente è poco più che incuriosita; la classe dirigente in bilico tra il sospetto che diventi un film già visto e le tentazioni di giocare ai moralizzatori. Eppure improvvisamente l’inchiesta “terzo livello” che ha portato a dei provvedimenti cautelari diventa importante.
Le indagini condotte sotto il coordinamento e la direzione della Procura della Repubblica-DDA di Messina, diretta dal Procuratore Capo Maurizio De Lucia, per via dei ruoli rivestiti da alcuni degli indagati in seno all’amministrazione comunale di Messina e alle società partecipate del medesimo Comune che erogano servizi pubblici – si è sviluppata fondamentalmente lungo due filoni investigativi. Un primo ambito di indagine ha disvelato e colpito un sodalizio criminale che, costituendo una articolata rete di rapporti clientelari/affaristici/amicali, era dedito alla commissione di plurimi reati contro la Pubblica Amministrazione oltre a una serie di reati strumentali.
In questo ambito primeggia, quale figura carismatica e trainante, un esponente di spicco della politica messinese degli ultimi anni, Emilia Barrile, all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio Comunale e nel corso delle ultime elezioni candidata a Sindaco non eletta, ma comunque la più votata tra i candidati delle ultime due tornate elettorali.
La Barrile, con il costante supporto del suo consigliore Marco Ardizzone – soggetto gravato da importanti precedenti giudiziari e di polizia, e nei primi anni 90 vicino al locale gruppo criminale dei “Mancuso”, egemone nel rione Gravitelli – avvalendosi dell’incarico politico allora ricoperto, interveniva con metodicità presso i competenti Uffici comunali o le Aziende partecipate perché alcune istanze avanzate da imprenditori venissero portate a buon fine, finalizzando tale condotta ad acquisire consenso anche in prospettiva elettorale, soprattutto attraverso poi la “distribuzione” o la promessa di posti di lavoro presso le imprese dei richiedenti il suo intervento. Insomma, nulla di nuovo sotto il cielo. Epperò, bisogna farne tesoro per cambiare l’andazzo.
La giustizia batte un colpo: un problema di sacralità ritrovata. E’ in queste più lontane province dell’impero che si è quasi costretti a riprendere coscienza dei propri titoli. Qui per tutti siamo i campioni del mondo delle chiacchiere, non per nulla ci chiamano buddaci.
Detto fra noi, a volte ho paura di confrontarmi con un politico locale su affari e legalità. Il timore è di finire smentito il giorno dopo sulla credibilità di certi paladini del popolo.
Messina non è né meglio né peggio di altre realtà siciliane ma è però l’unica che non vuole cambiare. Quasi che il popolo bue preferisca eleggere uno compromesso rispetto a uno onesto. Quello con qualche scheletro nell’armadio ci sembra più vicino a noi, più attento alle esigenze dell’amico degli amici.
Ma il degrado civile e cittadino resta, comunque. E se protesti, scrivi, denunzi il malaffare, vieni messo alla porta. E così in tanti si adeguano al Sistema e leccano i piedi a questo o quel personaggio. Forse è tutto banale, ovvio, scontato ma fa una impressione strana.
E’ come tornare indietro nel tempo, o, peggio, trovarsi improvvisamente nel dubbio di non aver mai capito fino in fondo cosa eravamo andati a diventare. Dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio la Sicilia doveva cambiare: basta collusioni, apriamo alla legalità.
Fosse cosa facile!
L’inchiesta “Terzo livello” porta a galla insomma quanto di più meschino possa fare la politica e i nomi sono quelli che sono. E purtroppo non finirà qui. Più che i Campioni dell’etica e della lealtà verso la gente queste vicende ci fanno sentire gli orfani dello Stato di diritto.
Ci siamo talmente discussi, rivoltati, condannati, riproposti, ci siamo tanto saccheggiati, che quando qualcuno annuncia in grande pompa “ecco a voi il paladino degli ultimi, dei poveri, dei bistrattati” ti aspetti di vedere entrare Gesù Cristo piuttosto che uno dei tanti mitomani prestati alla politica social.
E il curioso è che dopo tanto siamo quasi tutti d’accordo nel dire che questa è una cosa vergognosa, che la città, la Sicilia non può vivere sotto la cappa del Sistema.
Questo oggi. Domani vedremo.