Approda in Parlamento il cosiddetto decreto Dignità e, contestualmente, si parla di voucher. Il primo interessa al M5S, il secondo alla Lega.
Lo scorso anno, il M5S dichiarò: “I voucher hanno fatto sprofondare verso il basso il lavoro che una volta era tutelato dai contratti”. Su decreto Dignità, la Lega ha dichiarato, prima ancora che fosse approvato dal Consiglio dei Ministri, che il provvedimento si poteva migliorare. La melina serve a trattare decreto Dignità in cambio dei voucher. Si metteranno d’accordo.
Vogliamo, però, approfondire la questione voucher che si era posta lo scorso anno.
I voucher, o buoni lavoro, erano una forma di pagamento per prestazioni accessorie con un valore di 10 euro, dei quali tre quarti andavano al lavoratore e un quarto a Inps e Inail. In questo modo, il datore di lavoro poteva beneficiare di prestazioni nella completa legalità e il lavoratore poteva integrare le sue entrate, il cui compenso era esente da ogni imposizione fiscale e non incideva sullo stato di disoccupato o inoccupato. Inoltre, il voucher era cumulabile con i trattamenti pensionistici e compatibile con i versamenti volontari.
I voucher, o buoni lavori, sono diffusi nel Nord Europa, soprattutto in Francia e Belgio.
L’impennata del numero di voucher preoccupò la Cgil che li considerava equivalenti ai “pizzini”.
Come stavano le cose? Vediamo.
Da uno studio dell’Inps risultava che i percettori di voucher erano per il 10% pensionati e per il 55% di chi aveva già un lavoro, un sussidio di disoccupazione o un reddito minimo. Insomma, il 65% dei percettori rientrava nelle finalità previste dalla legge, mentre il 35% era in un cono d’ombra che bisognava illuminare. Abolire i voucher ha sostanzialmente fatto tornare nel lavoro nero quel 65% di lavoratori i cui datori di lavoro lo utilizzavano correttamente.
Sempre l’Inps scriveva: “In definitiva il “popolo dei voucher”, al netto dei pensionati, nella stragrande maggioranza, non e’ tanto un popolo “precipitato” nel girone infernale dei voucher dall’Olimpo dei contratti stabili e a tempo pieno (Olimpo a cui spesso non e’ mai salito), ma un popolo che, quando è presente sul mercato del lavoro, si muove tra diversi contratti a termine o cerca di integrare i rapporti di lavoro a part time.
Vedremo cosa farà il M5S. Certo è che prima di urlare al disastro, occorreva studiare, come non si è fatto, anche, con il decreto Dignità.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc