Più che un decreto “Rilancio” dovremmo chiamarlo decreto “Aiuti” e, visti i risultati del decreto “Cura Italia”, abbiamo più di una perplessità.
Il decreto “Rilancio”, in 256 articoli e 464 pagine, stanzia 55 miliardi, a debito, che più che rilanciare assiste. Dopo i primi due trimestri catastrofici ci si aspettava un “Rilancio”, appunto, per i prossimi due trimestri. Allora occorre chiamare con il proprio nome ciò che si approva.
Rileviamo che, prima di annunciare le misure assistenziali, sarebbe istituzionalmente opportuno attendere la firma del Presidente della Repubblica ma, tant’è, le sensibilità istituzionali o le hai o non le hai.
Occorre capire come si fa a produrre ricchezza. Da quello che leggiamo, non ci sembra che ci siano molti spazi di manovra; tra l’altro si stanziano 3 miliardi per l’Alitalia, che è un pozzo di san Patrizio, che continuerà a ingurgitare denaro senza produrre attivi, rappresentando solo l’8% del traffico aereo da e per l’Italia.
Speriamo negli interventi europei: Mes, Sure e Bei, e più in là il Recovery Fund, dovrebbero consentire, da giugno prossimo, interventi tali da avviare positivamente i successivi trimestri. Il Mes, con la linea di credito di 36 miliardi per la sanità, potrebbe consentire di trasferire risorse nazionali dal settore sanitario a quello produttivo, lo Sure consentirebbe di alleviare gli interventi nazionali per la cassa integrazione trasferendoli ad altri settori. Ci sono, poi, gli interventi della Bei relativi a finanziamenti per interventi nei trasporti, nelle telecomunicazioni, nella ricerca, per l’ambiente e per l’istruzione. Il pacchetto è dotato di 500 miliardi di euro. Da utilizzare prima possibile.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc