Il liberismo è una teoria per la quale l’individuo lasciato libero è in grado di scegliere la via che assicuri a lui e alla collettività il massimo beneficio. In sintesi, un sistema di mercato dove lo Stato si limita a garantire bisogni collettivi che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli (es. Difesa).
In questi giorni abbiamo letto una dichiarazione del ministro degli Esteri, Luigi di Maio, nella quale si scaglia contro “una società votata al liberismo sfrenato”. Insomma, un Di Maio pensiero (si fa per dire) che, oltre a cambiare nel tempo, non fa i conti con la realtà del nostro Paese.
Vediamo.
Se fossimo affetti dalla malattia del “liberismo sfrenato”, lo Stato, cioè noi, non avrebbe 2.400 miliardi di debito e la spesa pubblica in aumento a 895 miliardi nello scorso anno, attestandosi, così, al 49,1% del PIL.
La spesa per le pensioni arriverà al 15,8% del Pil. Le pensioni sono circa 18 milioni, delle quali 4 milioni, cioè il 28%, di natura assistenziale.
Da rilevare che le pensioni attuali sono solo per il 4% contributive, ottenute in relazione ai versamenti effettuati; per il restante 96% sono retributive, non collegate interamente ai contributi versati; la differenza la versa l’Inps, cioè lo Stato, o l’ente previdenziale di riferimento.
Gli ammortizzatori sociali sono una serie di misure che hanno l’obiettivo di offrire sostegno economico ai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro o una diminuzione del reddito lavorativo (es. indennità di disoccupazione, cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità).
Il Servizio sanitario nazionale garantisce a tutti i cittadini, con le carenze che conosciamo, le prestazioni sanitarie, con buoni livelli di qualità, come riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità, dall’Ocse e dall’Eurostat. L’aspettativa di vita media è di 84 anni, tra le più alte al mondo.
Nel 2019 la spesa sanitaria ha raggiunto i 117 miliardi ed è annunciata in aumento per i prossimi anni. Sono previsti contributi (ticket) per alcune prestazioni specialistiche, dai quali sono esenti particolari categorie, legate al reddito e alla patologia.
Siamo, dunque, il Paese del Bengodi? No, ovviamente, sarebbe sciocco affermarlo, ma non siamo neanche nella giungla dove il più forte calpesta il più debole, come vorrebbe far credere Di Maio. Il gioco è fin troppo scoperto: inoculare paura alla ricerca del consenso. Lo abbiamo constatato anche per altri argomenti.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc