In termini teatrali la passerella è una pedana dove sfilano le ballerine o i ballerini. In termini politici è una sfilata di persone in cerca di notorietà. Così possiamo definire l’esibizione, a Taranto, a proposito delle acciaierie Ilva, del vicepremier Di Maio, della ministra per il Sud, Barbara Lezzi, della ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, del ministro all’Ambiente, Sergio Costa, della ministra della Salute, Giulia Grillo e dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli.
Che cosa promette di Maio ai tarantini? Quello che c’era già nel programma predisposto dal precedente governo, e sottoscritto dall’attuale, che prevedeva investimenti per la bonifica ambientale da attuarsi entro il 2023 e, nel frattempo, si garantiva alla proprietà, la ArcelorMittal, l’immunità penale per evitare denunce, nel periodo di transizione, per le precedenti attività inquinanti delle quali la ArcelorMittal non è responsabile.
Il decreto legge governativo “Crescita” prevede, invece, l’eliminazione della immunità, il che mette in discussione gli accordi sottoscritti dal’attuale governo e dalla proprietà.
Insomma, si cambiano le regole del gioco a gioco in corso.
Il rischio è che la ArcelorMittal se ne vada, che siano annullati i 2,4 miliardi di investimenti programmati dalla proprietà, che si blocchino le attività tarantine, che coinvolgono anche gli impianti collegati di Genova e Novi Ligure e, soprattutto, si mettano a repentaglio i posti di lavoro di 15 mila addetti.
Il motivo per il quale mezzo governo cinque stellato si e precipitato nel tarantino a parlare delle acciaierie Ilva?
Il recupero del consenso elettorale, visto che in un anno i voti si sono dimezzati.
Il resto? Irrilevante.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc