Lo tsunami del Coronavirus ha dato la spinta decisiva al processo già in atto per cui nella società “tutto si sta trasformando in comunicazione”. La conoscenza stessa del fenomeno ci è arrivata completamente e permanentemente attraverso i media. Salvo per quei nostri simili che hanno sperimentato sulla propria pelle le conseguenze del morbo o come operatori sanitari ne sono stati coinvolti direttamente e spesso anche molto dolorosamente.
Il ruolo decisivo dei canali mainstream
Del resto quello che è avvenuto e sta avvenendo non è altro che la conferma della regola per cui, da quando ci sono i mass media elettronici, oggi chiamati anche mainstream, i grandi eventi passano attraverso i loro segnali, le loro immagini, i loro suoni, le loro parole. Pensiamo alle Torri Gemelle e alle successive guerre, alla morte improvvisa di Lady Dyana, e, qualche settimana dopo, a quella di Madre Teresa, alle elezioni dei Papi e alla loro morte. Tutti eventi dei quali quasi nessuno di noi ha avuto esperienza diretta ma che sono arrivati a noi attraverso i media o meglio i mass media, i grandi mezzi di comunicazione, specie la televisione, la radio, i giornali di larga diffusione. I “social”, tanto proliferati più recentemente, hanno lavorato di riflesso su un’informazione già acquisita, creando una fitta ragnatela di messaggi interattivi sulla Rete alla ricerca di un confronto reciproco e ponendo in particolare il problema dell’attendibilità delle notizie: le cosiddette fake news.
Nel caso poi del Coronavirus la televisione non solo è stata ed è fornitrice delle notizie, ma è anche il canale di aggiornamento permanente, essendo l’epidemia un fatto che non si esaurisce in un singolo evento, come è stata ad esempio l’esplosione della bomba atomica di Hiroshima.
E ciò ha inciso e incide profondamente sui nostri comportamenti. Non solo c’è stata e c’è la comunicazione del fatto e dei suoi sviluppi, ma c‘è anche attraverso i mass media l’indicazione via via aggiornata dei comportamenti prescritti ai cittadini.
Possiamo quindi dire che la nostra convivenza con Covid è completamente mediata da questi strumenti con le conseguenti responsabilità che ne derivano. Responsabilità degli operatori dei media di darci notizie attendibili, responsabilità dei cittadini di prendere costante e progressiva consapevolezza di questa filiera comunicativa, con una costante attenzione alla veridicità delle fonti e alla correttezza delle scelte politiche e sociali.
Gli incrementi degli ascolti. Dati europei e nazionali
Il ruolo decisivo della televisione è comprovato da numerosi indicatori, oltre che dalla comune esperienza. Scegliamo solo alcune cifre fornite dall’European Broadcasting Union, organizzazione che riunisce i servizi pubblici radiotelevisivi. Già nelle prime due settimane di marzo l’audience complessiva delle televisioni associate era aumentata del 14%, mentre quella dell’Italia, prioritariamente colpita dal virus, saliva del 25%.
Più in particolare per il nostro Paese, secondo Confindustria Radio Televisione, nelle prime quattro settimane dallo scoppio dell’emergenza gli ascolti televisivi, spinti dalla stragrande presenza delle persone a casa, hanno registrato nuovi pubblici e nuove fasce, tendenzialmente più giovani. I palinsesti sono stati rivisti per far fronte all’emergenza (sospensione di eventi live, sport in prima linea, sospensione di programmi), ma anche per rispondere ad una crescente domanda di intrattenimento, cultura, formazione ed educazione.
Considerando i dati elaborati dall’Eurispes e da Coris-Sapienza su base Auditel, dall’inizio dell’epidemia in Italia il tempo dedicato alla fruizione di contenuti Tv è cresciuto di 45 minuti al giorno, arrivando a 1 ora e 24 minuti in più (complessivamente 431 minuti pro capite di visione sull’intera giornata, +24,6% rispetto al 2019). In termini di platea complessiva (contatti netti), risulta che il numero di persone davanti alla Tv (per almeno un minuto), si è incrementato del 6,6% nell’intera giornata (passando da 44 a 46,9 milioni) e del 15% in prima serata (da 33,9 a 38,8 milioni). Se poi si vanno a guardate gli ascolti delle reti All News, si constata un vistoso incremento ad esempio di RaiNews 24 che nella fascia oraria serale è stato addirittura del 34%.
Un discorso a sé meriterebbe poi la Radio, che sta svolgendo una funzione essenziale, anche qui con notevoli incrementi di ascolto, malgrado la quasi totale sparizione della fruizione dell’autoradio, e un fondamentale ruolo di informazione, approfondimento e rassicurazione degli ascoltatori.
Quale recupero della normalità?
Un pensiero è comune, sia a livello di esperti di diverse discipline che di politici e responsabili della cosa pubblica: normalità non significherà ritorno alle condizioni precedenti, dominate tra l’altro nel mondo occidentale da una “euforica individualistica corsa a uno sviluppo “insostenibile”. Il titolo che più di ogni altro caratterizzava quella tendenza drasticamente interrotta rimane quello di Neil Postman Amusing Ourselves to Death: Public Discourse in the Age of Show Business, tradotto in italiano da Marsilio con Divertirsi da morire. E questa pandemia sembra confermare clamorosamente quella profezia.
Fortunatamente, si stanno già delineando alcune tendenze che ci profilano il “nuovo mondo”. La trama delle relazioni interpersonali in base alla necessità del distanziamento sta portando a una fortissima accelerazione nell’uso dei canali di comunicazione a distanza, specie attraverso Internet, con Whatsapp, Skype, Zoon e altri service di comunicazione interpersonale e collettiva. Qualche volta Facetime è stato il canale attraverso il quale dare l’ultimo saluto ai propri cari in isolamento. Inoltre, l’auspicata progressiva migrazione dall’insegnamento in presenza a quello a distanza, dalla scuola materna all’università e alla formazione permanerne, che avrebbe impiegato decenni ad attuarsi, si sta realizzando in poche settimane. Un balzo in avanti possibile da tempo che le nostre anchilosate strutture educative non avrebbero compiuto senza il Coronavirus. Si sta attuando anche un certo superamento dell’organizzazione monocellulare della vita familiare indotta da un’urbanistica scellerata per cui non si conosce neppure il nome dell’inquilino della porta accanto. Ora ci si vede attraverso uscite sui balconi per canti comuni e piccoli gesti di solidarietà reciproca. Qualcuno ha coniato l’ossimoro per cui stiamo scoprendo “i grattacieli di ringhiera”. La riappropriazione di questi spazi è favorita da gesti di creatività, come la trasformazione dei campanili in “minareti” da cui dare le benedizioni e la celebrazione delle messe dai tetti delle chiese e dei palazzi.
La scoperta che il vuoto vale più del pieno
Ma il fenomeno complessivo che merita di essere richiamato è quello della scoperta del “vuoto vale più del pieno”, che non è altro che la clamorosa conferma dell’intuizione di Marshall McLuhan di oltre cinquant’anni fa (a suo tempo tanto contrastata) che le comunicazioni “fredde”, cioè a bassa intensità, sono molto più efficaci delle comunicazioni “calde” che saturano i nostri sensi. Le prime sono com/moventi, cioè muovono mente e cuore, le seconde sono propagandistiche, ci saturano il sensorio, ci stordiscono senza coinvolgerci. Sono le logiche della pubblicità e della propaganda politica.
Siamo stati tutti testimoni televisivi della straordinaria immagine della Benedizione Urbi et Orbi, e relativa omelia, impartita da Papa Francesco dal sagrato di una piazza San Pietro vuota, davanti all’icona della Madonna e al Crocifisso di San Marcello, con la provvidenziale caduta di una fitta pioggia che è stata avvertita come un pianto del Cielo. Non c’è dubbio che questi siano momenti destinati a rimanere nella Storia dell’umanità e nelle tante storie personali di ciascuno di noi, trasformando le molte nostre case in cui siamo costretti in altrettante cappelle personali e di famiglia. E questo non vale solo per i credenti, ma costituisce un’eccezionale occasione di riflessione per “tutti gli uomini di buona volontà”.
Gianpiero Gamaleri è Ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e già dirigente e consigliere di amministrazione Rai