Finita la messinscena della approvazione del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, occorre dedicarsi alla crescita e al debito dell’Italia.
Ieri in Parlamento, è andata in atto la sceneggiata di chi si opponeva al Mes e poi lo ha approvato (vedi il M5S), di chi lo aveva approvato quando era al governo e lo respinge quando è all’opposizione (vedi Lega e Forza Italia).
L’ultima scemenza che abbiamo sentito è quella che nessuno dei Paesi dell’eurozona ha utilizzato il Mes e quindi ce ne sarà una recondita ragione, alla quale si può rispondere che tutti i Paesi dell’eurozona hanno sottoscritto il Mes, compresa la Grecia che ha avuto seri problemi dalla applicazione del duro Mes di 9 anni fa, approvato dal governo Berlusconi del quale faceva parte Giorgia Meloni.
Il Mes si utilizza se vi è necessità: è come un defibrillatore che si acquista e si usa in caso di bisogno, altrimenti rimane chiuso nell’armadietto sanitario.
Ora, il Governo e il Parlamento dovrebbero pensare alla crescita e al debito pubblico.
Il debito pubblico è una zavorra. Pesa per 2.600 miliardi di euro; quest’anno le obbligazioni emesse e in scadenza ammontano a 500 miliardi; l’interesse annuale che paghiamo ai sottoscrittori delle obbligazioni è di 66 miliardi di euro per il 2020. Quest’anno il rapporto debito Pil salirà al 160%.
Per fortuna che c’è la Banca centrale europea (tò, l’Europa!) che acquista, indirettamente, i nostri titoli. Fin quando può durare?
Occorre razionalizzare la spesa (si ricordi la famosa spending review) che vuol dire meno spesa corrente, più spesa per gli investimenti, più mercato e più concorrenza. Fino ad ora si è fatto il contrario. Si veda il caso Alitalia, Ilva e i vari bonus che si sono susseguiti in questi mesi (monopattini, biciclette, ecc.).
Sono più di vent’anni che l’economia non cresce se non in maniera asfittica. L’occasione di rilancio viene dall’Europa (tò!) con i finanziamenti del Next Generation EU: 209 miliardi, dei quali 81 a fondo perduto. E proprio l’Europa (tò!) fornisce le indicazione dei settori nei quali investire: digitalizzazione, innovazione, infrastrutture, ambiente, pubblica amministrazione (in particolare giustizia), istruzione, ricerca, ecc.
E’ un progetto per il futuro, ed è per questo che si chiama Next Generation EU e non Recovery Fund.
Riuscirà questo Governo? Visti i precedenti, “qualche” dubbio ci assale, ma siamo fiduciosi.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc