“Fine processo mai”. Così potremmo definire la legge sulla prescrizione che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2020, voluta fortemente dal M5S e votata anche dalla Lega. Vedremo cosa farà il PD.
Epigono del processo infinito è il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. In sintesi, si tratta dell’abrogazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
La prescrizione, nel diritto penale, determina l’estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo.
Come mai si è posta questa esigenza? Perché i delinquenti la fanno franca, direbbe il manettaro di turno.
Non è così, perché basterebbe valutare i numeri e usare la testa e non la pancia per ragionare.
Vediamo, prendendo i dati ricordati dall’Unione delle Camere Penali Italiane.
Secondo le informazioni assunte dal ministero di Giustizia, il 75% dei reati va in prescrizione durante la fase istruttoria e del procedimento di primo grado.
Rimane il 25% di reati sui quali, secondo la legge Bonafede, non si eserciterebbe la prescrizione, vale a dire che il processo potrebbe durare una vita.
La domanda sorge spontanea: i tempi processuali fissati sono così brevi che non si riesce a condannare definitivamente i colpevoli?
Non è così, e i dati ce li ricorda sempre l’Unione delle Camere Penali.
Vediamo quanto può durare un processo con l’attuale normativa, senza finire in prescrizione.
1. sequestro di persona a scopo di estorsione: 60 anni;
2. associazione finalizzata al traffico di stupefacenti: 40 anni;
3. associazione per agevolare l’immigrazione clandestina: 30 anni;
4. associazione di tipo mafioso: 30 anni;
5. voto di scambio politico-mafioso: 24 anni;
6. morte o lesioni come conseguenza di inquinamento ambientale: 50 anni;
7. omicidio stradale: 45 anni;
8. violenza sessuale: 30 anni;
9. maltrattamenti contro familiari e conviventi: 17 anni e 6 mesi (elevati a 37 anni e 6 mesi se dal fatto deriva una lesione gravissima; e a 60 anni se dal fatto deriva la morte);
10. atti sessuali con minorenne: 60 anni;
11. violenza sessuale di gruppo: 35 anni;
12. rapina: 25 anni;
13. furto in abitazione e furto con strappo:12 anni e 6 mesi;
14. produzione; traffico e detenzione di sostanze stupefacenti: 25 anni;
15. estorsione: 25 anni;
16. usura:12 anni e 6 mesi;
17. corruzione in atti giudiziari: 30 anni;
18. induzione indebita a dare o promettere utilità: 15 anni e 9 mesi;
19. corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio: 15 anni;
20. corruzione per l’esercizio della funzione: 12 anni;
21. bancarotta fraudolenta: 18 anni e 9 mesi;
22. concussione: 15 anni;
23. peculato: 12 anni e 7 mesi;
24. falso in atti pubblici: 12 anni e 6 mesi.
Insomma, non bastano decenni per portare a compimento un processo? No, dice il ministro Bonafede, ci vuole il “fine processo mai”!
Scriveva il giurista e illuminista Cesare Beccaria (1738-1794) nel saggio “Dei delitti e delle pene” che “Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile”.
Sono passati 256 anni da quando il Beccaria pubblicò il suo saggio. Inutilmente, per i nostri legislatori, soprattutto per il ministro della “Ingiustizia”, Alfonso Bonafede, a caccia perenne di consensi elettorali dei cittadini creduloni.
Primo Mastrantoni; segretario Aduc