C’è un concetto comprensibile ai più: occorre separare chi è infetto da chi è sano. Semplice, no?
Come separare l’infetto dal sano è motivo di proposte e discussioni.
Nei secoli passati chi poteva fuggiva dalle città infette o, per converso, si chiudevano le porte delle città per far si che non entrassero persone contagiate. Se del caso, si inchiodavano con assi le porte delle case per impedire alle persone contaminate di uscire.
L’aumento di questi giorni delle persone infettate è il risultato delle cene e dei pranzi del periodo natalizio. L’ambito casalingo era il più propizio alla diffusione virale: ambiente chiuso, vicinanza e assenza di mascherine, visto che non si può mangiare con una mascherina davanti alla bocca.
Eppure, c’è stata una richiesta pressante affinché le famiglie si riunissero. I tragici risultati li stiamo vedendo e non crediamo che sarà di monito perché per sapere che il muro è duro sembra sia necessario sbatterci la testa.
Ora c’è il problema delle scuole. Aperte o chiuse?
La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, dichiara che le scuole sono sicure, ma diverse Regioni sono di avviso contrario. Se le scuole sono sicure è il contorno che non lo è: gli assembramenti e i trasporti.
Ricordiamo che le regioni Veneto e Friuli erano tra quelle che, a dicembre, chiedevano l’apertura degli impianti sciistici e, ora, ritardano l’apertura delle scuole, insomma, gli interessi economici prevalgono su quelli di salute e istruzione.
In Germania, che si è fatta vanto di tenere le scuole aperte, ora fa marcia indietro e le chiude. L’Istituto Robert Koch, ha dichiarato che l’incidenza delle infezioni tra gli alunni è aumentata di 4 volte (+ 400%).
Dunque, che fare?
Primo Mastrantoni, segretario Aduc