I CRISTIANI CHE NON HANNO POTUTO CELEBRARE IL NATALE

Molti sono i cristiani che non hanno potuto celebrare il Santo Natale. E’ proibito celebrarlo in Afghanistan, Corea del Nord, Mauritania, nel Brunei o nelle isole Comore. Mentre in altri Paesi per timore di attentati, i cristiani devono evitare di celebrare il Natale, ma anche la Pasqua e questo avviene in Nigeria, in Pakistan, in Indonesia. Non solo ma “Particolarmente dolorosa inoltre è la situazione dei tanti cristiani costretti a trascorrere il Natale da soli, in prigionia”, lo scrive Anna Bono su Lanuovabq.it. Questo accade in diversi Paesi africani, in particolare in Nigeria, dove sono stati sequestrati tre religiosi in soli sei giorni.

La giornalista oltre a fare i nomi dei religiosi, ne racconta le modalità dei rapimenti e dei sequestri, “in tutti e tre i casi si ritiene che si tratti di sequestri a scopo di estorsione, un crimine  che quasi in tutta la Nigeria è diventato una piaga sociale e che sia il governo centrale sia i governi degli stati che compongono la federazione non si preoccupano abbastanza di contrastastare”. (Anna Bono, Il Natale negato ai cristiani perseguitati, 29.12.22, lanuovabq.it) Mentre altri due religiosi hanno trascorso in prigionia il Natale in Africa. Uno è il sacerdote Fidei Donum Joel Tougbaré, rapito nel suo paese, il Burkina Faso, il 17 marzo del 2018. In mano ai suoi rapitori è anche il missionario tedesco dei Padri Bianchi, Hans-Joachim Lohere, sequestrato in Mali lo scorso 20 novembre. Può accadere che i frequenti rapimenti di religiosi siano opera di delinquenti comuni senza che necessariamente siano motivati da odio religioso.

Tuttavia in Burkina Faso e nel Mali a rapire dei religiosi sono stati gruppi armati affiliati ad al Qaeda e all’Isis. “Lontana dai famigliari e senza il conforto dei riti religiosi ha trascorso il Natale, per il secondo anno, anche Shagufta Kiran, la donna cristiana pakistana di 35 anni, madre di due figli, accusata di blasfemia nel luglio del 2021 per aver ricevuto e inoltrato su una chat WhatsApp un messaggio dal contenuto giudicato blasfemo, “deliberatamente offensivo nei confronti dei sentimenti religiosi e del profeta Maometto e tale da incitare all’odio religioso”. Rischia la pena di morte e nel frattempo, da 18 mesi, è rinchiusa in una cella angusta. “È straziante vederla rinchiusa in una piccola stanza – ha dichiarato il figlio Harrison dopo aver avuto il permesso di farle visita – non ho neanche potuto tenerle la mano perché c’è una barriera di separazione tra detenuti e visitatori”. Insieme al padre e alla sorella maggiore Nihaal, dopo l’arresto della madre, il ragazzo si è dovuto nascondere per sottrarsi alla violenza degli estremisti islamici. “non riesco più a sopportare lo stare lontana da voi. Desidero tanto e chiedo a Dio di poter nuovamente godermi il Natale insieme a voi, uniti come una famiglia” aveva detto Shagufta poco prima di Natale, ma la sua preghiera non è stata ascoltata. Mentre tre altri cristiani invece hanno potuto trascorrere il Natale fuori dal carcere cristiani accusati di blasfemia e che in due separate sentenze hanno ottenuto la libertà su cauzione. Il Pakistan è il Paese dove è stata tenuta prigioniera Asia Bibi per quasi dieci anni e poi liberata qualche anno fa, anche lei accusata di blasfemia per un gesto banale: aver bevuto un pò di acqua fresca in un bicchiere dove hanno bevuto donne musulmane. Per questo gesto banale è stata denunciata dalle compagne e messa in carcere. A suo tempo ho recensito il libro di Anne-Isabelle Tollet, giornalista francese che ha raccontato nei particolari la sua brutale prigionia (Asia Bibi con Anne-Isabelle Tollet, Blasfema. Condannata a morte per un sorso d’acqua, Mondadori,2011).

DOMENICO BONVEGNA

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