Un termovalorizzatore con emissioni minime e che con la combustione dei rifiuti fornisce elettricità a 62 mila persone e ne riscalda 160 mila, costruito in città, all’interno di un parco, sulle cui pareti si può fare una arrampicata e con un tetto in discesa sul quale si può sciare tra gli alberi.
E’ il termovalorizzatore di Copenhagen (Danimarca), chiamato Copenhill, cioè collina di Copenhagen.
Nel nostro Belpaese, invece, si è aperta la discussione tra i due vicepremier, Salvini e di Maio, sui termovalorizzatori. Per il sì, Salvini, per il no Di Maio.
E’ la rappresentazione di quanto avviene, per i rifiuti, tra nord e sud Italia: in Lombardia il 39% dei rifiuti urbani va nel termovalorizzatore e solo il 4% in discarica, in Sicilia non ci sono termovalorizzatori e l’80% dei rifiuti finisce in discarica.
La cosiddetta economia circolare si realizza proprio in Lombardia, con il recupero energetico dai rifiuti, la raccolta differenziata, il ricorso minimo alle discariche e l’assenza di rifiuti esportati.
Di Maio rappresenta bene il M5S: no Ilva (salvo, poi, dire sì,) no Tap (salvo, poi, dire sì), no Tav, no termovalorizzatori, ecc.
Nell’attesa che si faccia la verifica dei costi-benefici del Tav, che sarebbe l’ottava verifica, con le precedenti sette tutte positive, Di Maio, sottoscrive il “Protocollo terra dei fuochi“, che non è altro che uno spot pubblicitario per il popolo che vuole crederci, e si esercita in battute del tipo “Parlare di inceneritori oggi è come parlare della cabina telefonica con il telefono a gettoni”, al quale risponde il sindaco di Pomigliano d’Arco (città nativa del Di Maio), che sottolinea come il Comune ha una raccolta differenziata al 67%, ma rimane il 33% di indifferenziata che deve andare nel termovalorizzatore.
Di Maio dovrebbe visitare il termovalorizzatore di Copenhagen che, ricordiamo, è in Danimarca, che fa parte della Unione europea.
Studiare è utile, anche se si è fuoricorso e non è mai troppo tardi.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc