Ci stiamo abituando al lockdown insistente, pervasivo, ripetuto come un mantra, nelle nostre vite, brandito come un’arma contundente da “esperti” e scienziati, che hanno fatto diventare la scienza un incubo…
Sostanzialmente si chiude tutto, nel nome della scienza, senza altre spiegazioni, senza condivisione di informazioni o di dati.
«Un ipse dixit colossale e dogmatico che da un anno abbondante ormai si abbatte come un maglio di ferro su famiglie, studenti, imprese, lavoratori autonomi, eradicando il tessuto sociale delle città e ridisegnando la geografia economica, sociale e certamente anche psichica del nostro Paese». (Andrea Venanzoni, La religione pandemista: nel nome della “scienza” travolti diritti e garanzie della democrazia liberale, 18.3.21, atlanticoquotidiano.it)
In un anno come questo anno di oscurità pandemica in cui siamo rifluiti al ruolo di spettatori e di sudditi, incapaci a porre domande e a ottenere, soprattutto, risposte ai quesiti essenziali di qualunque sistema istituzionale, c’è da chiedersi: Chi decide? Qual è la legittimazione di chi decide? Su quali basi e con quali dati decide? Come decide?
Con la scusa del Covid abbiamo assistito a una mutazione genetica del nostro ordinamento democratico, con conseguente perdita di tutte le garanzie.
Si è sacrificato su un nuovo altare pagano la libertà, l’economia, la socialità, gli affetti, e spesso anche la logica. Infatti, «le misure, tutte altamente impattanti sulla nostra vita, e sulla vita dei nostri figli, sono state attratte nell’ottica totalizzante di un frainteso diritto alla salute, elevato a totem fagocitante tutte le libertà e i diritti costituzionalmente tutelati».
Pertanto siamo passati da un diritto fondamentale come quello alla salute a un diritto fondamentalista.
In una democrazia parlamentare le decisioni dovrebbero basarsi non solo sull’informazione, che spesso permane in una coltre di oscurità, «ma anche su un iter trasparente che renda possibile un discorso pubblico, di critica o di analisi o di valutazione». Praticamente ad oggi, nessuno di noi ha la più pallida idea di quale «sia la acclarata scientificità di misure di lockdown attraverso cui, come in una ordalia medievale, siamo già passati per mesi, con l’unico sensibile risultato di uscirne con nervi ed economia a pezzi e una situazione pandemica ferma, a detta degli esperti, al punto di partenza».
A proposito di trasparenza, nessuno ha mai spiegato il senso scientifico del coprifuoco, o quello di tenere un ristorante aperto a pranzo ma non a cena, come se il contagio seguisse un suo fuso orario. O il perché ci si contagi in un ristorante o a teatro ma non nel carnaio brulicante di un vagone della metro.
Eppure, scrive il giornalista del quotidiano online, «i chierici della nuova religione pandemica occupano manu militari giornali, programmi televisivi, trasformati quasi in escatologiche icone pop: promettono ecatombi, pesti nere, e ce li vediamo a ballare danze macabre come nel Nosferatu di Herzog, e non capisci mai se siano preoccupati o se al contrario tradiscano un fremito di piacere proibito nell’annunciare la fine prossima ventura […]».
Un altro mistero da comprendere, riguarda l’onnipresente e onnipotente Comitato tecnico scientifico (CTS), «incistati frettolosamente nel nostro circuito istituzionale, anche qui senza alcuna forma di trasparenza e senza che sia davvero chiara la loro aderenza al circuito decisionale politico». Un organismo come il CTS che via via ha assunto una sacralità sacerdotale, una sorta di sinedrio incontestabile, che da tempo delibera su tutti gli aspetti della nostra vita.
Tra comitati e consulenti personali dei ministri, per Venanzoni si è formata una specie di ragnatela, «una nebulosa costellazione che frammenta il percorso decisionale, costituendo un ritorno al mondo degli arcana imperii e a una logica non più politica ma solamente tecnica».
In conclusione, gli italiani esigono trasparenza sui dati, sui percorsi decisionali, peraltro ottenuti, ad oggi, solo a mezzo delle aule di tribunale, come nel caso delle meritorie iniziative della Fondazione Einaudi per veder ostesi i verbali del CTS stesso.
Inoltre auspichiamo una certa continenza espressiva, così come l’ha chiesta a gran voce, per la verità, Draghi per i suoi ministri, ma che deve essere esteso a consulenti e tecnici di ogni ordine e grado.
«Questo cacofonico e stordente rumore di fondo, a base di contagi, disperazione e scenari apocalittici, non fa bene a nessuno, se non a un certo modo ambiguo di intendere la “scienza”, chiamata nel panico a consolidare soltanto sé stessa e la rendita di posizione del proprio potere».
DOMENICO BONVEGNA
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