Citarsi non è proprio elegante, così ci suggeriscono, perché può sembrare vanagloria ma, quando di un provvedimento governativo si rilevano errori madornali e, sulla base di esperienze decennali, si fa presente che quel provvedimento non funzionerà e, in aggiunta, ci sarà sperpero di denaro pubblico, cioè del contribuente, allora è d'obbligo ricordare gli errori madornali commessi. Ci riferiamo al Reddito di cittadinanza (Rdc). Si ricorda? "Abbiamo abolito la povertà", era l'urlo lanciato dal balcone di palazzo Chigi, dal vicepremier e pluriministro, Luigi Di Maio, nel settembre 2018; in piazza i parlamentari cinque stellati ad applaudire. Il Rdc aveva due obiettivi: combattere la povertà e aumentare l'occupazione. Il primo obiettivo ha raggiunto 3 milioni di poveri, metà dei quali non è povero. Dunque, i beneficiari sono circa 1,5 milioni che, rispetto ai 5 milioni di poveri assoluti, ne rappresenta appena il 30%. Il secondo obiettivo che Di Maio definì "una rivoluzione nel mercato del lavoro", è fallito. Nel 2019, il Rdc è costato 3,8 miliardi al contribuente italiano, per non creare posti di lavoro e per dare soldi, anche, a chi non ne aveva bisogno. Lo stesso Di Maio prende atto del fallimento. Che dire? Che lo avevamo detto, elencando i motivi per i quali si sarebbe arrivati a non concludere granché e a sprecare denaro pubblico. Avevamo suggerito, per contrastare la povertà, di rifinanziare il Rei, il Reddito di inclusione, varato dal governo Gentiloni, e già operativo, ma Di Maio aveva un grande desiderio di pubblicità. Con i nostri soldi e senza raggiungere i risultati promessi. Primo Mastrantoni, segretario Aduc