di ANDREA FILLORAMO
Fra qualche mese Papa Francesco festeggerà dieci anni di pontificato. Era il 13 marzo del 2013, quando, in uno dei momenti di più delicati e controversi della Chiesa, il Cardinale Bergoglio è stato eletto Papa.
Ciò è avvenuto dopo la rinuncia al papato di Benedetto XVI, che ha lasciato sgomenti frastornati, incerti e increduli i cardinali riuniti in Concistoro quando lesse: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”.
Lo stesso qualche giorno dopo, nell’ultima udienza in piazza San Pietro, ribadì: “In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”
All’atto della sua rinuncia Ratzinger si impegnava ad ubbidire al suo successore e, come risulta, questo impegno l’ha mantenuto negli anni che ha vissuto nel monastero Mater Ecclesiae, un luogo scelto a sua dimora, fortemente simbolico che si trova dentro le mura vaticane, a poche centinaia di metri da Casa Marta, residenza del suo successore, Papa Francesco, vicino ai Palazzi del potere vaticano. ma che egli considerava “fuori dal mondo”.
A differenza, quindi, di papa Celestino V “colui che – nei versi danteschi – fè il gran rifiuto”, che – era allora l’anno 1294, lasciò il soglio pontificio e visse come un monaco lontano dai fasti e dai “giochi” del potere, il Papa Emerito è vissuto all’interno del Vaticano, continuò ad usare l’abito bianco e tutte le insegne pontificie, conservando tutti quelli che erano gli antichi privilegi fino alle sue esequie sobrie ma in ogni caso papali.
Chi andava a trovarlo, rivolgendosi a lui, continuava a chiamarlo: “ Sua Santità” Ma questo era un fatto formale appartenente al protocollo.
La Chiesa Cattolica, quindi, con due Papi, che stavano – diciamo pure – sotto lo stesso tetto – entrambi investiti di autorità morale, uno regnante, ma forse – lo diciamo a voce molto bassa – non sempre governante, l’altro detto emerito, ha vissuto una dicotomia inusuale mai riscontrata nel passato, che ha generato mistificazioni, confusioni e ha catturato l’immaginazione di tanti.
Non era questa sicuramente l’intenzione di Joseph Ratzinger, uomo buono che avrebbe preferito fare per sempre il professore e il teologo. Ricordiamo che era stato Libero docente di teologia all’età di trentadue anni, che ha insegna Dogmatica e Teologia a Frisinga, passando poi a Bonn, Muenster e Tubinga, che aveva partecipato al Concilio Vaticano II come consulente teologico e non voleva essere la pietra d’inciampo per Papa Francesco.
Andiamo, però, al di là delle intenzioni: mentre all’inizio del pontificato di Papa Francesco non si evidenziavano fazioni di cattolici legate all’uno o all’altro Papa, ben presto esse si sono rese sempre più evidenti emblematiche, litigiose, minaccianti grandi o piccoli scismi e son diventate sempre più difficili quindi a controllare.
Fortemente faziose, pertanto, sono diventate le due anime sempre esistenti nella Chiesa, una quella tradizionalista, l’altra riformista, ambedue legittime se garantiscono un certo e tollerato pluralismo nella Chiesa, ma pericolose per la fede se diventano l’una e l’altra radicalizzanti le posizioni.
Con la scomparsa del Papa tedesco si apre ora per Papa Bergoglio una stagione incerta: quella del governo della Chiesa senza l’ombra del predecessore che indubbiamente e involontariamente ha limitato o fermato il processo delle innovazioni volute, pensate e talvolta anche annunciate dal Papa argentino.
Cosa accadrà nessuno in questo momento può dirlo.
Una risposta può essere rintracciata in un discorso fatto da Papa Francesco in occasione della festività dei Santi Pietro Paolo nell’anno 2021 in cui probabilmente stanco della guerra mossagli da più pardi ha detto: “Siamo chiamati a essere liberi dalle ipocrisie dell’esteriorità; a essere liberi dalla tentazione di imporci con la forza del mondo anziché con la debolezza che fa spazio a Dio; liberi da un’osservanza religiosa che ci rende rigidi e inflessibili; liberi dai legami ambigui col potere e dalla paura di essere incompresi e attaccati”.