La guerra è sempre stata oggetto di divisione per tutta l’umanità e in particolare per i cristiani, soprattutto nell’ultimo secolo, il ‘900, il secolo delle carneficine, “Il secolo delle idee assassine”, come lo ha chiamato Robert Conquest.
I cristiani si sono divisi nella Prima Guerra mondiale, poi nella seconda, durante la Guerra Fredda (soprattutto nella guerra in Vietnam), perfino nella guerra contro il terrorismo islamista e ora con la guerra in Ucraina. In questi giorni ho scelto di leggere un testo che si occupa proprio della guerra, dove i protagonisti sono i cristiani. “Cristiani in armi. Da Sant’Agostino a papa Wojtyla”, di MariaTeresa Fumagalli Beonio Brocchieri, pubblicato da Laterza (2006)
La professoressa Fumagalli insegna Storia della filosofia Medievale all’Università degli Studi di Milano in quest’opera si appresta a scrivere nella premessa che “non è un libro sulla guerra, ma sulle idee che, in un senso o nell’altro, hanno promosso e giustificato la guerra o favorito la pace in campo cristiano”. Aldilà delle ragioni economiche, politiche e storiche, che spesso decidono o modificano il corso della storia, per l’autrice del libro sono le idee nel bene e nel male che modificano la Storia. Le fonti di questo saggio sono le parole dei cristiani, dei papi, dei vescovi e dei predicatori che incitano ed esortano a favore della pace ma anche della guerra. Certo non è un testo esaustivo sul tema, ma un’analisi del problema guerra che si è presentato ai cristiani dai primi secoli dopo Cristo ai nostri giorni.
Il testo è suddiviso in due parti, nella prima parte, espone come si è arrivati alla cancellazione del messaggio originario di pace del Vangelo in nome della difesa di uno stato che stava diventando uno stato cristiano e di un’autorità, legittimata da Dio, che ora diventava il braccio secolare della chiesa nella sua lotta contro avversari esterni e interni, dai barbari agli infedeli, dagli ebrei agli eretici. In questo modo il cristianesimo, diventato con Teodosio religione di stato, ha finito anch’esso per svolgere funzioni di legittimazione delle varie guerre condotte dal potere politico, funzioni che hanno trovato la loro compiuta giustificazione ideologica nella concezione della “guerra giusta” formulata da Agostino.
La Fumagalli inizia il suo percorso a partire dalle guerre nelle Sacre Scrittura, per giungere all’anno 312 quando Costantino vince la battaglia decisiva contro il rivale Massenzio. Qui il potere politico dell’imperatore sceglie il Dio dei cristiani e abbandona i vecchi dèi del Pantheon romano. Per arrivare a S. Agostino con la sua guerra giusta, che ha di mira la pace. Nei capitoli successivi si indica la differenza tra gli “Oratores” e i “Bellatores”: Tra quelli che pregano e quelli che combattono. E poi ci sono i “Laboratores” che con la loro fatica mantengono gli uni e gli altri. E siamo giunti al fatidico Medioevo, dove l’autrice da esperta indica le opinioni espresse sulla pace e sulla guerra. Emerge una realtà intrisa da massacri, da territori che si colorano di sangue, villaggi incendiati, violenze sulle donne e i sui bambini, chiese profanate, granai saccheggiati, carestia e peste ovunque. Tutto questo intorno all’anno Mille. La Fumagalli riporta che c’erano quelli che cercarono di opporsi a questo scenario di guerra. A cominciare dagli Oratores, Odilone, abate di Cluny, promuove una guerra limitata, forse più efficace, la “tregua di Dio”, pertanto sostenuto dai monaci e poi dal papato, si impegnarono a indirizzare le energie e le armi dei cavalieri verso battaglie più adatte a un cristiano, dapprima verso la Reconquista della Spagna, dominata dai musulmani, e poi la liberazione della Terrasanta.
Il tema delle Crociate in Terrasanta ma anche contro gli Albigesi e altri eretici, viene approfondito, interpretandolo secondo la consueta vulgata che ormai passa tra i vari “guardiani” della Storia ufficiale. Nel testo l’autrice fa riferimento ai vari intellettuali come Erasmo da Rotterdam, John Wyclif, Marsilio da Padova, Nicola Cusano, che si sono posti contro la Chiesa. La Fumagalli anche per quanto riguarda la cosiddetta guerra nel “Nuovo Mondo”, la interpreta secondo la vulgata terzomondista, alimentata dalla “Teologia della Liberazione”, dove gli spagnoli sono i razziatori di territori e massacratori degli inermi indios. Cristoforo Colombo un conquistatore imbelle. Anche qui naturalmente il teologo a cui fare riferimento è il solito Bartolomeo Las Casas, anche se vengono citati i giuristi come de Sepulveda e De Vitoria. Nessun accenno al francescano Toribia de Bonavente Motolinia, citato dagli studiosi Jean Dumont e Alberto Caturelli, il vero difensore degli indios, che approvava la loro unione con i conquistadores, considerati dei liberatori. A questo proposito segnalo l’interessante studio del professore argentino Caturelli, “Il Nuovo mondo riscoperto”, con il sottotitolo: “La scoperta, la conquista, l’evangelizzazione dell’America e la cultura occidentale”.
Nella seconda parte, Fumagalli esamina con pari incisività le tappe principali che, a partire dai processi di secolarizzazione, hanno messo in moto una dialettica complessa tra conservazione di questa ideologia di regalità contro i mali della modernità e suo superamento, che in realtà avrà luogo soltanto con Giovanni XXIII e la sua enciclica Pacem in terris. In particolare l’attenzione si concentra sulla prima e la seconda guerra mondiale, in particolare sulla guerra in Etiopia scatenata da Mussolini e poi la guerra civile spagnola. Guerre che hanno visto contrapposti su fronti opposti i popoli cristiani. “L’aspetto più impressionante fu la dilagante e fortissima sacralizzazione della guerra e il primato della fede nella patria sulla fede religiosa”. La neutralità di Benedetto XV fu addirittura combattuta sia dalla parte francese che tedesca: “da tutte le parti gli si rimproverava insomma di non schierarsi e di non intervenire”. Per quanto poi riguarda la seconda guerra mondiale lo scenario si complica maggiormente, l’autrice fa riferimento ai cosiddetti silenzi del papa, sui genocidi commessi dal nazismo. Negli ultimi capitoli, Fumagalli affronta il peso e l’influenza in Europa dei movimenti cristiani per la pace. Qui i nomi a cui fa riferimento sono Dominique Chenu, il cardinale Lercaro, don Lorenzo Milani, per arrivare a Giovanni XXIII.
Praticamente il fondo sostanziale di questa ricostruzione storica delle idee vi è un assunto ideologico, e non storico, che non condivido: e precisamente, che a origine di questa catena ininterrotta di guerre e flagelli si vuole trovare, essa risiederebbe in fondo alla svolta costantiniana della Chiesa, madre di tutti i mali.
Vorrei concludere con una citazione sulla guerra ripresa dal “Breve guida di liberazione ad uso degli studenti da affiancare al normale manuale”, “Fregati dalla Scuola”, di Rino Cammilleri, (Effedieffe, 1997).
“La Chiesa non ha mai insegnato l’obiezione di coscienza. Sa che c’è il peccato originale e la guerra è inevitabile. Il cristiano è pacifico, non ‘pacifista’, perché non sempre la pace è meglio della guerra. Infatti dice san Tommaso che la pace è ‘tranquillità nell’ordine’. Dunque senza giustizia non ci può essere pace. E spesso la pace va imposta e difesa”. Comunque nel vituperato Medioevo, la guerra era un affare “privato” tra cavalieri, è stato dopo la Rivoluzione francese che la guerra è diventata “ideologica”, una guerra di “massa”, dove non si distinguevano più i combattenti dai civili.
DOMENICO BONVEGNA
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