Dice Salvini che Moussa Sangare, reo confesso dell’assassinio di Sharon Verzeni, è un italiano di origini maliane. Dice Salvini che l’origine è un dato di cronaca e che lui non ha intenti razzisti perché la lettera delle sue parole è inequivocabile. Solo che altri due leghisti, l’ineffabile Claudio Borghi e la dura e pura Laura Ravetto rendono più chiaro il pensiero sotteso alle parole di Salvini. Non vogliamo nuovi italiani simili a questo omicida.
Arriva in soccorso l’assaltatore (se lo dice e ripete spesso da sé) Roberto Vannacci, che indica come veri italiani integrati i due giovani testimoni di origine marocchina che hanno incontrato l’omicida poco prima del delitto.
La tecnica di comunicazione dei due, Salvini e Vannacci, è apprezzata da quasi tutti, anche dagli oppositori. Parlano chiaro e in modo efficace. Parlano alla pancia del Paese, senza dire parolacce. Ecco perché piacciono alla gente. Ma non è vero che parlano chiaro, anzi sono l’esempio più trito e triste di retorica ipocrita. Dicono una cosa, ammiccando a un significato proibito, politicamente scorretto, senza dirlo, perché non si può dire (e infatti letteralmente non dicono), ma che tutti capiscono. Il senso nascosto è perfettamente compreso da tutti, ma specialmente da chi vorrebbe sentir dire proprio le cose sottintese. Le traduzioni di Borghi e Ravetto non sono che la divulgazione del vero pensiero del capo leghista e dell’assaltatore politico.
L’esempio più trito di retorica ammiccante è stato quello della normalità d’essere italiani, della normalità statistica delle fattezze tipiche dell’essere italiani, come ebbe modo di dire l’assaltatore parlando di Paola Egonu. Secondo Vannacci, la pallavolista non avrebbe le fattezze statisticamente normali degli italiani. Qui la statistica ha lo stesso valore della lettera delle parole, nasconde una cosa che non si può dire, ma che si vuole far intendere. Nascosti dietro l’ipocrisia della retorica, si vuol dire una cosa aberrante: che la normalità statistica sia anche normalità morale.
Vediamo un po’ se ci riesce di esporre in modo semplice una nozione statistica apparentemente difficile. L’altezza media delle donne italiane è 164,6 centimetri ed è evidente che una misura così precisa non può rappresentare la norma. Tra le vostre amiche quante sono mai quelle che hanno un’altezza di 164,6 centimetri precisi? Invece di un valore numerico preciso, si considerano allora i valori percentili compresi tra 97 e 3 rispetto al valore della mediana, cioè rispetto al numero che divide in due parti uguali il numero totale della popolazione. Quindi, secondo le statistiche ufficiali, le donne italiane (con riferimento all’età di 19 anni) che hanno una statura statisticamente normale sono quelle di altezza compresa tra 151 e 173 centimetri. Tutte le pallavoliste della Nazionale italiana sono più alte di 173 centimetri e sono quindi statisticamente non normali (o anormali, seguendo l’assaltatore retorico). Qui il Generale ha dimostrato di non saper maneggiare bene la statistica che lui stesso ha invocato dicendo che Paola Egonu non rappresenta le normali fattezze italiane. In base alla statura, nessuna delle nostre pallavoliste è tipicamente italiana, nemmeno quelle con la pelle bianca. Sono tutte fuori norma. Sono anormali.
La normalità statistica di Vannacci è come la lettera delle parole di Salvini. Sono due retori che si nascondono dietro il significato letterale delle parole per prendere nella rete chi ama il pensiero semplice e odia la complessità. C’è di bello, però, che imitando la retorica infingarda inventata dall’assaltatore, Matteo Salvini sta dimostrando una volta di più di non avere uno straccio di visione politica, ma di essere solo in grado di cavalcare l’onda, quella che prima o poi lo travolgerà da destra.
Gian Luigi Corinto, docente di Geografia e Marketing agroalimentare, consulente Aduc