Ve l’immaginate se al processo di Norimberga qualcuno degli eccellenti graduati dell’esercito tedesco che a metà del secolo scorso gasarono ebrei, zingari e omosessuali fossero venuti fuori con una giustificazione del genere?
Oltre alla ampia letteratura che abbiamo avuto e continuiamo ad avere in materia, ne avremmo avuta tanta altra. Per quanto ci riguarda, per capire il fenomeno in termini umani (chè in quelli politici la sentenza della storia è ampia e decisa) ne avremmo tratto giovamento.
E’ quello che ci è venuto in mente leggendo stamane che, in un giardino pubblico di Empoli (Firenze), in un parco giochi per bimbi, gli autori di alcune svastiche che erano state disegnate per ornare quegli strumenti ludici, si sono giustificati con “E’ stata una bravata, nessuna corrente antisemita o razzista”. Episodio che abbiamo collegato alla più celebre bravata che nei giorni scorsi ha coinvolto un gruppo di giovanotti di Torino che, con un lancio di un uovo, hanno ferito l’occhio di una giovane nera, Daisy Osakue. E altro collegamento: il lancio di pietre, che ogni tanto viene scoperto, dai cavalcavia sulle corsie autostradali.
E chissà quanto altri tipi di lanci e “bravate” potremmo elencare se andiamo a spulciare le cronache locali o i rapporti delle varie forze dell’ordine.
Ma, mentre i lanci di pietre e simili verso obiettivi “oscuri” (!) o non meglio identificati possono essere annoverati nell’ambito del teppismo che pervade tutte le culture, altra cosa quando ci sono evidenti, premeditati atti con obiettivi ben precisi. Sull’atleta torinese ci sono dei dubbi, anche perché indirettamente è stato coinvolto un partito (quello del babbo di uno dei giovanotti teppisti, il Pd) che non è aduso a manifestazioni e gesti di razzismo (*). Ma sull’episodio di Empoli, siccome non siamo nella terra del puro estetismo modello Usa, dove la svastica può anche essere considerata un vezzo di qualche motociclista dei tanti film che abbiamo visto, la storia è un po’ diversa.
Ecco perché torna in primo piano il parallelo tra processo di Norimberga e teppisti empolesi. Questi ultimi non hanno imbrattato i giochi dei bimbi con -per esempio- una linguaccia dei Rolling Stones o un simbolo fallico. No! Lo hanno fatto con la svastica. E siccome non siamo in Usa ma in Italia, dove quel simbolismo è ancora fresco negli occhi dei nostri anziani, la cosa è un po’ diversa.
Indipendentemente dalle norme della legge Mancino che dovrebbero/potrebbero essere applicate, e dalle norme sul danneggiamento di strutture pubbliche, quello che ci preme evidenziare è che è stata lanciata una nuova moda, violenta a suo modo, con tanto di giustificazione: è una bravata!
Ora ci aspettiamo altrettanta motivazione per tanti altri episodi di barbarie e inciviltà umana e giuridica: offese di genere, furti di vario tipo, bullismo scolastico, sportivo, etc.
Ma è bene ricordare che noi siamo irriverenti e non giustizialisti. Siamo, per esempio, tra coloro che hanno grandi dubbi sulla liceità della legge Mancino rispetto alla libertà di opinione. Per cui, episodi come Norimberga, Torino o Empoli li perseguiremmo, ma per quello che sono in sé: violenze, contro le persone e contro i beni pubblici.
E’ quello che ci è venuto in mente leggendo stamane che, in un giardino pubblico di Empoli (Firenze), in un parco giochi per bimbi, gli autori di alcune svastiche che erano state disegnate per ornare quegli strumenti ludici, si sono giustificati con “E’ stata una bravata, nessuna corrente antisemita o razzista”. Episodio che abbiamo collegato alla più celebre bravata che nei giorni scorsi ha coinvolto un gruppo di giovanotti di Torino che, con un lancio di un uovo, hanno ferito l’occhio di una giovane nera, Daisy Osakue. E altro collegamento: il lancio di pietre, che ogni tanto viene scoperto, dai cavalcavia sulle corsie autostradali.
E chissà quanto altri tipi di lanci e “bravate” potremmo elencare se andiamo a spulciare le cronache locali o i rapporti delle varie forze dell’ordine.
Ma, mentre i lanci di pietre e simili verso obiettivi “oscuri” (!) o non meglio identificati possono essere annoverati nell’ambito del teppismo che pervade tutte le culture, altra cosa quando ci sono evidenti, premeditati atti con obiettivi ben precisi. Sull’atleta torinese ci sono dei dubbi, anche perché indirettamente è stato coinvolto un partito (quello del babbo di uno dei giovanotti teppisti, il Pd) che non è aduso a manifestazioni e gesti di razzismo (*). Ma sull’episodio di Empoli, siccome non siamo nella terra del puro estetismo modello Usa, dove la svastica può anche essere considerata un vezzo di qualche motociclista dei tanti film che abbiamo visto, la storia è un po’ diversa.
Ecco perché torna in primo piano il parallelo tra processo di Norimberga e teppisti empolesi. Questi ultimi non hanno imbrattato i giochi dei bimbi con -per esempio- una linguaccia dei Rolling Stones o un simbolo fallico. No! Lo hanno fatto con la svastica. E siccome non siamo in Usa ma in Italia, dove quel simbolismo è ancora fresco negli occhi dei nostri anziani, la cosa è un po’ diversa.
Indipendentemente dalle norme della legge Mancino che dovrebbero/potrebbero essere applicate, e dalle norme sul danneggiamento di strutture pubbliche, quello che ci preme evidenziare è che è stata lanciata una nuova moda, violenta a suo modo, con tanto di giustificazione: è una bravata!
Ora ci aspettiamo altrettanta motivazione per tanti altri episodi di barbarie e inciviltà umana e giuridica: offese di genere, furti di vario tipo, bullismo scolastico, sportivo, etc.
Ma è bene ricordare che noi siamo irriverenti e non giustizialisti. Siamo, per esempio, tra coloro che hanno grandi dubbi sulla liceità della legge Mancino rispetto alla libertà di opinione. Per cui, episodi come Norimberga, Torino o Empoli li perseguiremmo, ma per quello che sono in sé: violenze, contro le persone e contro i beni pubblici.
Crediamo che già questo tipo di perseguimento implichi in sé la condanna del fatto: a Norimberga perchè fecero fuori milioni di persone, a Torino perché hanno ferito una persona e messo in pericolo tante altre, a Empoli perché pulire le loro svastiche ha un costo. In una società laica, dove il rispetto anche delle opinioni più disgustevoli dovrebbe essere emblema di maturità e libertà, crediamo che colpire le conseguenze di queste opinioni è quello che dovrebbe competere allo Stato.
* si dovrebbe/potrebbe indagare sul rapporto genitori/figli che – non sarebbe una eclatante scoperta- spesso vede gli uni contrapposti clamorosamente agli altri…
Vincenzo Donvito, presidente Aduc