di ANDREA FILLORAMO
Ho richiamato più volte alla mia memoria quella frase attribuita a Giovanni Giolitti, che, riferendosi al malcostume italico, avrebbe detto: “Per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”. Da osservare con molta attenzione, che se questo “modus operandi” vale per gli amici, in modo particolare deve valere per un figlio…
Ed è proprio così, almeno per Beppe Grillo, che si è schierato, platealmente, dalla parte di suo figlio Ciro, accusato pesantemente, assieme a tre suoi amici, di stupro di una diciannovenne che sarebbe avvenuto nella notte del luglio 2019.
Ancora rimbomba nelle nostre orecchie quello che il comico ha urlato con tutte le sue forze, in un video in cui appare una violenza inaudita e si rendono manifeste: l’ignoranza, l’arroganza e la saccenza del suo pensiero.
Egli, (“horresco referens” cioè “inorridisco raccontando”: uso le parole che Virgilio che fa pronunciare ad Enea quando narra a Didone l’orribile fine di Laocoonte e dei suoi figli), ha urlato con tutto il fiato che aveva in corpo:
“Mio figlio è su tutti i giornali come stupratore seriale insieme ad altri 3 ragazzi…io voglio chiedere veramente perché un gruppo di stupratori seriali non sono stati arrestati, la legge dice che vanno presi e messi in galera e interrogati. Sono liberi da due anni, ce li avrei portati io in galera a calci nel culo. Allora perché non li avete arrestati? Perché vi siete resi conto che non è vero niente, non c’è stato niente perché chi viene stuprato e fa una denuncia dopo 8 giorni vi è sembrato strano. Se non avete arrestato mio figlio arrestate me perché ci vado io in galera. Allora – perché non li avete arrestati? E poi c’è tutto un video, passaggio per passaggio, in cui si vede che c’è un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande e saltellano con il pisello, così…perché sono quattro coglioni”.
Tutti avranno potuto notare, alcuni o tanti anche con raccapriccio, che nel monologo esasperato del comico genovese c’è un’idea distorta di base della mascolinità che si accompagna all’idea distorta della femminilità, che fa della donna una preda comune e un oggetto di sfogo e, per questo essa merita disprezzo tanto da poter essere trattata come una cosa da abusare. Quest’idea, purtroppo, è presente in tanti, tant’è che nel mese di marzo 2019 la Polizia di Stato ha registrato, in media, ogni 15 minuti una vittima di violenza di genere di sesso femminile, fatta di abusi sessuali, fino alla forma più estrema di violenza.
Questi dati evidenziano le gravi dimensioni del fenomeno che costituisce un rilevante problema di violazione dei diritti umani.
Questa spaventosa pulsione “può essere amplificata dal semplice fatto di essere in gruppo, perché è dimostrato che la moralità individuale tende in questo caso a dissolversi e il livello di controllo che ciascuno è in grado di esercitare su di sé si riduce sensibilmente”.
Dallo stesso monologo, inoltre, può essere estratta anche un’altra amara riflessione: nella famiglia (fortunatamente non in tutte le famiglie) tutto può essere permesso; nessun paletto i genitori possono porre ai figli nel rispetto della loro pseudo libertà.
Questo modello, purtroppo non è solo di Beppe Grillo, almeno come appare nel video, ma è molto diffuso e non sono pochi i ragazzi che lo riapplicano a scuola, nella relazione con gli insegnanti, che non possono permettersi di riprenderli perché “interviene papà” o “si fa intervenire papà”.
La disciplina, pertanto, per loro diventa un optional e, quindi essi si permettono di non studiare, di avere tutti i pomeriggi liberi per girare con macchine truccate, con motorini e “motoroni”, per bere e per drogarsi, per fare a botte o per fare danni, tanto per “divertimento” e per “ridere un po’ ”.
In tal senso si può leggere l’espressione di Grillo, contenuta in quel video quando dice: “E poi c’è tutto un video, passaggio per passaggio, in cui si vede che c’è un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande e saltellano con il pisello, così… perché sono quattro coglioni”.
Per colpa o per irresponsabilità dei genitori, assistiamo al fatto, quindi, che non sono pochi i ragazzi che cercano sempre la soluzione più facile, che non conoscono la fatica, a costo di annullare la propria persona, che commettono reati, legandoli a quello che loro individuano come divertimento.
Essi, così, colmano o pensano di colmare quei vuoti interiori, per mantenere un ruolo sociale, che non permette di riconoscere l’altro perché non riescono a riconoscere nemmeno se stessi, che porta a ricercare forme sempre più estreme, difficili da prevedere dal punto di vista preventivo.
Ovviamente non bisogna fare di tutte le erbe un fascio ma, volendo tornare allo stupro di gruppo di cui è accusato il figlio di Beppe Grillo, vogliamo consultare alcune statistiche, dalle quali risulterebbe che solo il 16% dei ragazzi, infatti, si dice d’accordo o molto d’accordo con l’affermazione secondo cui “una ragazza che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe in parte è responsabile”. Il 21% ritiene, poi, che “le ragazze possono contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire e/o di comportarsi”. Il 75% pensa che “una ragazza può sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole”.
Per contro, di fronte a vere e proprie molestie o ad apprezzamenti sessuali sgradevoli come fischi per strada e battute volgari, solo il 36% delle ragazze ha detto di aver reagito in modo deciso per far capire che quel comportamento non era gradito. Il 58% ha fatto finta di niente perché aveva paura della reazione. Il 29%, perché si vergognava. Il 21% perché in fondo non reputa così grave quel tipo di comportamento.
Un’ultima considerazione: purtroppo, oggi, nei maschi come nelle femmine è venuto meno il senso del pudore, del quale molti non avertono il senso eminentemente positivo di quella che non è più considerata una virtù.
Occorre ricordare che il pudore, è un elemento fondamentale della personalità, che si può considerare – sul piano educativo – come la coscienza vigilante a difesa della dignità dell’uomo e dell’amore autentico.
Quando si spiega qual è il senso profondo del pudore – salvaguardare la propria intimità, per poterla offrire a chi può apprezzarla veramente –, è più facile accettare e interiorizzarne le conseguenze pratiche.
L’obiettivo, allora, non consisterà tanto nel fatto che i giovani osservino in questo campo determinati criteri di condotta, ma che apprezzino il pudore e lo assumano come qualcosa che sta alla radice della struttura dell’essere personale.
È bene affermarlo: i ragazzi e le ragazze hanno il diritto di vivere la sessualità secondo tempi e modi adatti alla loro maturità e questo può avvenire solo se possono contare su conoscenze e competenze specifiche, in grado di orientarli e guidarli nelle loro scelte. L’educazione alla sessualità all’affettività è fondamentale, per prevenire forme di abuso e per permettere ai giovani di effettuare scelte che migliorino la qualità della loro vita.