Pubblicato il Rapporto 2024 curato, come ogni anno, da Reporter Senza Frontiere. Lo studio punta il dito sulla «“legge bavaglio” sostenuta dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare».
«La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese, nonché da vari piccoli gruppi estremisti violenti. I giornalisti denunciano anche i tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di coprire i casi giudiziari attraverso una “legge bavaglio” – “legge bavaglio” – oltre alle procedure Slapp che sono una pratica comune in Italia». Lo si legge nel capitolo dedicato all’Italia del Rapporto 2024 di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa, che vede il nostro Paese retrocedere dal 41esimo al 46esimo posto della classifica.
«Il panorama mediatico italiano – prosegue la nota informativa – è sviluppato e dispone di un’ampia gamma di mezzi di comunicazione che garantiscono una diversità di opinioni. Il settore radiotelevisivo comprende diversi canali televisivi pubblici (come Rai 1) e stazioni radiofoniche, nonché molti media privati. Questa diversità si riscontra anche nella carta stampata, che comprende quasi 20 quotidiani (come il Corriere della Sera e La Repubblica ), circa 50 settimanali (come L’Espresso e Famiglia Cristiana), e molte riviste e vari siti di informazione».
Per quanto riguarda il contesto politico, «la maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà. Ma a volte cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale. Ciò può essere aggravato per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria dalla “legge bavaglio” sostenuta dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare».
Il rapporto si concentra poi sul quadro giuridico: «Una certa paralisi legislativa sta frenando l’adozione di vari progetti di legge proposti per preservare e persino migliorare la libertà giornalistica. Ciò spiega in parte i limiti che alcuni giornalisti incontrano nel loro lavoro. La criminalizzazione della diffamazione e le numerose procedure SLAPP limitano la libertà giornalistica».
Lo studio di Rsf poi affronta il tema della crisi economica, a causa della quale «i media dipendono sempre più dagli introiti pubblicitari e dai sussidi statali. Anche la carta stampata si trova ad affrontare un graduale calo delle vendite. Il risultato è una crescente precarietà che mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia».
Il rapporto analizza poi la polarizzazione della società durante la pandemia di Covid-19: «Ha colpito i giornalisti, che sono stati vittime di attacchi sia verbali che fisici durante le proteste contro le misure sanitarie. Questa polarizzazione persiste, cristallizzandosi attorno a questioni politiche o ideologiche legate agli eventi attuali».
Infine il capitolo relativo alla sicurezza dei cronisti: «I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono sistematicamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo. Le loro auto o case vengono talvolta distrutte da incendi dolosi. Campagne di intimidazione online vengono orchestrate contro coloro che perseguono questi problemi. Una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia dopo essere stati bersaglio di intimidazioni e attacchi».