L’Unione Europea assomiglia sempre più alla vecchia Unione Sovietica. Le direttive che sono state votate in Parlamento sulle case green e le auto elettriche sono il frutto della folle ideologia ambientalista che da qualche anno detta l’agenda della politica UE. Per fortuna che queste misure hanno suscitato delle reazioni e allarmi in molti Paesi a cominciare dal nostro.
Purtroppo sono reazioni, scrive il professore Eugenio Capozzi, che “rimangono per ora ancora prevalentemente incentrate sulla protesta per le ripercussioni negative che quelle decisioni avranno su questa o quella categoria” (Eugenio Capozzi, Case e auto, un’ideologia folle porta l’Europa al disastro, 20.2.23, lanuovabq.it). Inoltre la reazione si ferma ad una richiesta di allungare i tempi, cioè oltre il 2035, mentre pare che la maggioranza dei governi abbracciano la “transizione” proposta dall’UE, non capendo la sua pericolosa logica che va contro le libertà e la democrazia. Certo a questo ha contribuito la martellante propaganda a senso unico degli ultimi anni che l’UE ha iniettato sui cittadini dell’Occidente, improntata all‘allarmismo apocalittico di matrice “gretista”. Ma questo potere invasivo dell’UE ormai non si può più accettare. Occorre ribellarsi a queste imposizioni radicali della trasformazione delle unità abitative e quella dell’altrettanto radicale passaggio ai motori elettrici. Occorre risalire alla loro radice culturale di questa follia. “Non si tratta in entrambi i casi di una superficiale fascinazione o suggestione, ma di un disegno ideologico e politico molto preciso. Il tratto comune dei due programmi, infatti, prima ancora che nei danni da essi prodotti nel loro svilupparsi, sta proprio nel modello di società che essi prefigurano, nell’idea di politica che essi presuppongono, e nella concezione dell’Unione europea che essi ormai stanno consolidando”. I due programmi che intendono imporre i politici UE, sono, per Capozzi, “il frutto coerente di un’ideologia autoritaria con possibili venature totalitarie, derivazione e versione aggiornata di quelle che imperversarono nell’Europa del Novecento”. Pertanto, la base teorica su cui le politiche impositive della “transizione verde” si fonda “è un assioma dogmatico, sul quale si innesta un progetto di radicale palingenesi dell’umanità in chiave gnostica: lo sviluppo della civiltà umana, e segnatamente delle società industriali, è letale per l’ecosistema e per l’umanità stessa, perché attraverso le emissioni di anidride carbonica genera un mutamento del clima di origine antropica, che, se non frenato, produrrà uno sconvolgimento ambientale con la fine della vita umana, e di molte altre forme di vita, sul pianeta”. Questo assioma sostenuto da istituzioni internazionali (a partire dall’Onu) è una base teorica totalmente indimostrabile, che si basa su dati disponibili, “attraverso ricerche da loro sovvenzionate proprio allo scopo di alimentarlo, ed echeggiate da un sistema mediatico pressoché unanimistico: controllato, finanziato, incentivato, condizionato, intimidito da poteri pubblici nello stesso senso”. Infatti ogni giorno i nostri Tiggi ci triturano il cervello con il solito mantra del mondo che sta morendo.
Pertanto se le cose stanno come loro raccontano, c’è “una colpa collettiva da espiare”, e così questi poteri statuali e superstatuali occidentali, a cominciare dall’UE, “sostengono che la priorità assoluta della politica è quella di affrontare questa “emergenza” primaria, perseguendo per via normativa la “correzione” della catastrofe climatica provocata dal genere umano “cattivo”, ad ogni costo, al più presto (“il tempo sta scadendo”, “la nostra casa è in fiamme!”) e con ogni mezzo disponibile, senza alcuna eccezione”. Sembrano quelli della “Torre di Guardia”.
Secondo questa logica catastrofista ogni altro obiettivo della politica e dell’economia, davanti a quello della “salvezza”, deve necessariamente passare in secondo piano: inclusi lo sviluppo economico, i livelli di benessere, l’occupazione, financo la libertà di scelta individuale su consumi, uso e gestione della proprietà. “A nulla vale obiettare che tutte le misure su immobili e auto, quand’anche attuate pedissequamente, diminuirebbero le emissioni di CO2 di una percentuale infinitesimale sull’insieme della CO2 emessa nel mondo. Che costringere tutti i proprietari di immobili ad adeguarli al criterio astratto e inutile delle “emissioni zero” implicherebbe spese insostenibili, abbattendo il valore degli immobili stessi e generando una fiammata inflazionistica senza precedenti”.
Peraltro convertire tutto in auto elettriche, significherebbe che la stragrande maggioranza dei cittadini, non potrebbe permettersi di possedere un proprio mezzo, per l’alto costo e per un’impennata della domanda di energia impossibile da soddisfare. Inoltre con l’auto elettrica si arriverebbe alla sudditanza totale all’industria e alle materie prime cinesi.
Il nuovo fanatismo istituzionalizzato rifiuta ogni discussione. Anzi, chi si oppone, per qualsiasi motivo e a partire da qualsiasi argomentazione, “alla catena decisionale discendente dall’assioma primario non è considerato semplicemente un oppositore, ma un nemico della civiltà, dell’umanità, del progresso, della Scienza, al quale, per il bene di tutti, è necessario tappare la bocca”. Ormai è una questione di vita o di morte, sembra di essere ripiombati nella storia dei peggiori regimi dittatoriali, dove al progetto ideologico del dittatore si doveva sacrificare qualsiasi altra esigenza, anche le vite concrete degli esseri umani. “Questa volta – conclude Capozzi – in nome di una “dottrina” prodotta da un superstato tecno-politico-burocratico, in consonanza con gli interessi di mega-concentrazioni economico-finanziarie alle quali vengono assegnati un regime di oligopolio-monopolio e una colossale rendita di posizione da una rigida logica dirigista”.
DOMENICO BONVEGNA
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