Il Parlamento ha votato ieri, in prima lettura (ne serviranno altre tre) una modifica della Costituzione che prevede che i giudici e i pubblici ministeri abbiano carriere separate e strumenti di controllo della loro professione diversi. Ha votato a favore il centrodestra e le forze laiche presenti in Parlamento (+ Europa, IV, Azione…) e contro la sinistra, i 5 stelle e il PD Si tratta di una riforma che gli avvocati penalisti (tutti) chiedono da decine di anni. e che dopo la riforma di fine anni ottanta del codice di procedura penale sembrava assolutamente obbligatoria.
Tutti i giorni gli avvocati si trovano di fronte a magistrati le cui qualità sono spesso ottimali: studiano, svolgono il loro mestiere con dignità e rispetto e agiscono e decidono con indipendenza. Quindi mediamente di buon livello.
Inoltre i contrari alla riforma fanno notare che i magistrati che passano dalla carriera giudicante a quella inquirente sono pochissimi, meno dell’1%.
Quindi a cosa servirebbe dividere le carriere?
Quello che molti dei commentatori (specie, purtroppo, a sinistra) non dicono è che il processo penale è diventato, da quarant’anni, un processo in cui le parti, accusa e difesa, dovrebbero essere uguali di fronte al giudice, il quale nel giudicare deve sentirsi terzo rispetto alle due parti che gli sono di fronte. Terzo e indipendente nel decidere da possibili influenze.
E questo, al momento, non è così facile.
Un giudice, fino a quando la riforma non passerà definitivamente, appartiene alla stessa carriera del magistrato dell’accusa: studiano assieme per l’accesso alla professione, svolgono lo stesso esame, vivono assieme nei medesimi palazzi, partecipano alla stesse assemblee sindacali, frequentano la medesima scuola professionale, fanno i medesimi aggiornamenti, vivono una vita parallela….
Ma soprattutto sono sottoposti al medesimo controllo sulla loro professione. Il Consiglio Superiore della Magistratura, infatti, è formato da rappresentanti della magistratura inquirente e da quelli della giudicante. In questo modo la carriera di un giudice è sottoposta alla valutazione di quella parte da cui, almeno teoricamente, dovrebbe essere indipendente.
In altri termini: si deve nominare il Presidente del Tribunale?, si deve decidere dell’avanzamento della carriera di un giudice?, si deve agire disciplinarmente per la condotta tenuta da un giudice? A farlo sarà una commissione composta anche da coloro da cui egli dovrebbe essere indipendente, i rappresentanti dei Pubblici Ministeri.
Pare chiaro che questa palese dipendenza (una delle parti a processo decide e influisce sulla carriera di un giudice) cozza con il concetto stesso di indipendenza. Ne abbiamo visti in tanti di casi in cui la carriera di un giudice che tutti gli avvocati e i colleghi giudici considerano indipendente e corretto è stata invece ostacolata da magistrati dell’accusa.
E quando gli avvocati hanno chiesto, proprio per garantire la terzietà dei giudici, di poter far parte, con le medesime forze dei rappresentanti delle Procure, dei collegi che devono giudicare i magistrati giudicanti vi è stata una sollevazione di scudi: si vuole attentare all’indipendenza dei giudici.
E allora, proprio per garantire per davvero la terzietà del giudice e la sua indipendenza, che si abbiano carriere separate dall’inizio alla fine e che nessuno, nè l’accusa e nè la difesa possano influire sulla vita, l’indipendenza, la terzietà e la carriera di un giudice.
PS
Ma qualche volta la sinistra ascolta cosa dicono gli avvocati? Crede davvero che le uniche voci da ascoltare sulla giustizia siano i magistrati delle Procure?
Marco Scarpati, legale, consulente Aduc