Volendo sfoggiare erudizione e memoria (Google concedendo), di frasi celebri la storia ci ha riempito. Usate nei secoli dei secoli di cui riusciamo ad avere una qualche documentazione, fanno parte mediamente dello sfoggio di “cultura” di chi vuol convincere che ciò che sta dicendo, se trova conferma nel detto celebre (talvolta tale solo per lui stesso) di caio e sempronio, vorrebbe dire che è proprio vero. Ma, brevemente, ci soffermiamo su due esponenti del nostro attuale governo.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, quando nel precedente governo era ministro dello Sviluppo Economico, approvata la legge sul reddito di cittadinanza, da un balcone ci comunicò che era stata sconfitta la povertà. “’sti cazzi” – ci venne spontaneo pronunciare all’epoca – “altro che Mao-Tse-Tung”. Presi dal nostro infantile ottimismo, già vedevamo i barboni sparire (a parte quelli che sono tali per scelta); i bambini col moccio al naso e i piedi senza scarpe che entravano nei centri commerciali, uscendone poi con scarpette degne, fazzolettini per soffiarsi il naso e borse in cui brillavano videogiochi e smart-phone; mamme con vestitini a fiori fitti da mercatini della Caritas che cucinavano zamponi, agnello e torte farcite di frutti esotici bio; babbi con Panda ultimo-grido che accompagnavano le figliole sedicenni al ballo del liceo con abiti costosi acquistati da Zara.
Insomma un mondo felice, di gente sorridente, che sprizza bontà e disponibilità da ogni poro e che accoglieva in casi gli ultimi disperati africani sbarcati nella spiaggia vicino casa dando loro vestiti, cibo e lavoro. Stiamo ancora aspettando, anche se ci rendiamo conto che forse le nostre aspettative erano un po’ forzate e mediate dal plasma del digitale terrestre e dai film natalizi di Rai, Canale 5 e Netflix. Oh, ma che “la povertà era finita” non l’aveva mica detto quello che dal tabaccaio esultava perché col “gratta e vinci” aveva vinto un cinquantino… no, l’aveva detto il ministro che era anche vicepremier.
Stamane apprendiamo che “Dopo anni di disinteresse torniamo a mettere al centro la scuola, l’università e la ricerca. In particolar modo garantendo la continuita’ didattica, velocizzando il reclutamento di docenti e ricercatori, abbattendo il precariato, sburocratizzando il settore e rafforzando l’inclusione”.
Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, commentando l’approvazione alla Camera del decreto scuola. Ce lo ripetiamo per farcelo meglio entrare in testa: “abbattendo il precariato, sburocratizzando il settore e rafforzando l’inclusione”. Sempre grazie ai nostri studi oxfordiani, anche qui ci siamo espressi col triviale “’sti cazzi”. Subito abbiamo telefonato al figliolo che ha appena finito l’università e gli è venuto in testa di fare l’insegnante: “vittoria! Stasera puoi andare a cena con la tua morosa, e anche a lei, che fa solo il secondo anno a Lettere, dille che il precariato è stato abbattuto e può studiare con tranquillità e serenità per il suo futuro”. Il figliolo mi ha prontamente replicato: “ma non avevi smesso di bere da tanto tempo… oppure, ma quante canne ti sei fatto oggi o sei passato a roba più dura? Il solito sessantottino del cazzo!!”.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc