Nei giorni scorsi, due ragazzi di Ravenna sono stati indagati per oltraggio a corpo politico. Una scritta a loro attribuita nella centrale via Diaz, riportava: “Meloni sei il fango noi il badile”. Il riferimento era alla visita del primo ministro in quella zona in occasione dell’alluvione.
Sarebbe stato violato l’art.342 del codice penale, che prevede un’ammenda (1).
Uscendo dal legalese, per “corpo politico” si deve intendere un organo pubblico dello Stato o dell’Amministrazione. Il reato riguarda quindi l’uso di espressioni offensive all’organo nel suo complesso. Se le offese sono invece dirette a singoli membri dell’organo, dovrebbe essere stato violato l’art. 341 bis, oltraggio a pubblico ufficiale.
In entrambi i casi, vista l’obbligatorietà dell’azione penale, la procedura è d’ufficio, senza che la parte presunta lesa abbia querelato.
Già indagare per l’offesa a “corpo politico” quando invece si potrebbe trattare di oltraggio a pubblico ufficiale… lascia il tempo che trova. Ma quello che più colpisce è che l’indagine viene aperta per una presunta offesa, indipendentemente dal fatto che l’offeso si senta tale. Cioè: è vietato parlare, presumibilmente male, di qualche persona autorevole e, anche se questa autorità non dice nulla, la magistratura procede d’ufficio.
È questa libertà d’espressione?
Alla base c’è l’obbligatorietà dell’azione penale… che se può andare bene per alcuni reati penali di una certa gravità, quando si ha a che fare con le opinioni diventa solo un metodo come un altro per limitare e scoraggiare la libertà d’espressione.
La presunta riforma Nordio dei codici non ci sembra che prenda in considerazione anche questi aspetti arcaici e liberticidi.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc