Periodicamente sui giornali e più in generale sui media si leggono o ascoltano preoccupate lamentele riferite al fatto che gli italiani detengono troppa liquidità sui conti correnti. Nel 2021 siamo arrivati a circa 1.700 miliardi: oltre 65 mila euro in media a famiglia. Come sappiamo, però, la media è spesso un indicatore fuorviante.
Circa il 10% delle famiglie italiane sono in povertà assoluta o relativa ed hanno ben altri problemi che gestire la liquidità sui conti correnti. Il 20% più ricco degli italiani detiene il 70% della ricchezza di tutti. Gli italiani con disponibilità finanziarie superiori al milione di euro sono circa l’1%, secondo l’Istat, un numero percentualmente piccolo, ma numericamente ancora piuttosto rilevante. Secondo il rapporto Global Wealth Report 2021 di Credit Suisse, invece, in Italia vi sarebbero poco meno di un milione e mezzo di persone che detengono una ricchezza finanziaria superiore al milione di dollari. Il “problema” dell’eccessiva liquidità sui conti correnti, quindi, riguarda svariate centinaia di migliaia di Italiani ai quali periodicamente viene sventolato lo spauracchio della possibile patrimoniale per convincerli ad investire questi soldi. Dovrebbero farlo? Quanta liquidità è giusto detenere nel conto corrente?
“Cash is trash” o “cash is king”?
Come ha scritto recentemente uno degli analisti finanziari più lucidi che io conosca, Lorenzo Ippoliti, è buffo constatare che in finanza esiste un motto per tutto e il contrario di tutto: “compra basso e vendi alto”, “compra alto e vendi più alto”, “segui il trend”, “non seguire la massa”, ecc. ecc. Fra questi motti c’è anche “Cash is trash”, traducibile come “il contante è spazzatura” e “cash is king”, più difficile da tradurre ma si potrebbe tentare con: “la liquidità prima di tutto”.
Perché in finanza sono così diffusi motti così contraddittori? Perché in finanza fare la stessa identica cosa può essere contemporaneamente sia giusto che sbagliato in base al tipo di strategia che stai seguendo. Ricordiamoci che affinché si formi un prezzo, in qualsiasi momento, serve una persona che vende ed una persona che compra. In quel preciso momento c’è qualcuno che ritiene – per i propri interessi – quel prezzo sufficientemente alto da essere venduto ed un altro ritiene esattamente l’opposto. E’ nella più profonda natura dei mercati finanziari il fatto che la stessa identica azione possa essere contemporaneamente giusta o sbagliata a seconda dei punti di vista dalla quale si considera. Non è vero, come spesso si pensa, che se il venditore ha fatto un affare necessariamente il compratore ci deve aver rimesso o viceversa. Questa è un’ipotesi, ma è possibile anche che entrambi abbiano sbagliato o entrambi abbiano fatto bene, perché dipende dal complesso delle loro altre azioni. Allo stesso modo, scegliere di non investire una quantità molto elevata delle proprie disponibilità finanziarie, di per sé, non è né giusto né sbagliato. La liquidità è un asset finanziario esattamente come gli altri, con vantaggi e svantaggi, esattamente come gli altri asset.
Nel terzo trimestre del 2021, il più famoso investitore in attività, Warren Buffet, ha incrementato la liquidità del suo fondo Berkshire Hathaway raggiungendo l’astronomica cifra – mai raggiunta prima – di circa 150 miliardi di dollari, con un peso nell’ordine del 15% dell’intero portafoglio.
Un altro grandissimo investitore Ray Dalio da tempo sostiene che in questa fase storica detenere liquidità in portafoglio sia un errore perché siamo entrati in una fase reflattiva e la liquidità perderà sempre più valore.
Chi ha ragione? Può sembrare assurdo, ma la risposta corretta è che hanno ragione entrambi! Sia Warren Buffet che Ray Dalio sanno perfettamente quello che fanno, hanno dei piani che applicano coerentemente nel tempo. Warren Buffet applica un tipo di strategia il cui cuore si potrebbe riassumere così: quando tutto il mercato è in panico e nessuno vuole comprare, compra le aziende con i business più solidi e tienile per tutto il tempo che il business funziona. Ray Dalio, invece, applica un tipo di strategia un po’ più complessa (ma non per questo più efficace, anzi!) volta ad ottimizzare il rapporto fra l’oscillazione del portafoglio ed il suo rendimento nel medio/lungo periodo. Ray Dalio è fondamentalmente un gestore di soldi altrui, Warren Buffet è principalmente un gestore di soldi propri che amministra anche soldi altrui. Hanno obiettivi diversi ed entrambi avranno ragione, nel loro contesto, perché in finanza non è tanto importante quello che fai in un dato momento, ma come coordini le varie azioni nel tempo. Hai un progetto?
Se il tuo desiderio è quello di investire, ma hai tanta liquidità sul conto corrente perché hai paura, allora è probabile che tu stia sprecando delle opportunità.
Se, quando i prezzi sono vicini ai massimi – come adesso – ritieni che non sia il momento giusto e quando i prezzi scendono non hai mai il coraggio di entrare è evidente che ti manca un progetto d’investimento.
Sia chiaro, se sei in questa condizione, può essere ancora preferibile restare con tanta liquidità rispetto ad investire in modo non consapevole.
Le banche spingono a far piazza pulita della liquidità sui conti correnti per la semplice ragione che guadagnano mediamente il 2% all’anno sui risparmi che riescono a far investire nei mercati finanziari attraverso i prodotti di risparmio gestito. Usano tutti gli argomenti possibili, razionali ed emozionali, per farlo, ma non sono realmente interessate a ciò che è bene per te, ma a ciò che è bene per il proprio bilancio.
Spesso perdere delle opportunità è di gran lunga preferibile rispetto a perdere direttamente soldi. Fra investire in modo inconsapevole e non investire affatto, il male minore è senza dubbio non investire affatto! Non ci sono spauracchi come l’inflazione o la patrimoniale che tengano! Se non sai quello che stai facendo, stare fermo è il male minore anche in finanza.
Devi sapere che è sempre un male, ma è il male minore.
Se invece sei un investitore consapevole, allora hai compreso che la prima cosa che ti serve è un piano, un progetto d’investimento. Un progetto è qualcosa di dinamico, che muta nel tempo. Nel mondo della finanza tradizionale si confonde spesso il piano con la cosiddetta “asset allocation” più volgarmente detta “la torta”.
E’ chiamata così perché spesso è rappresentata con un grafico a torta che indica la percentuale di ciascuna tipologia di investimenti: quanta liquidità (o simili); quante obbligazioni – suddivise nelle varie tipologie -; quante azioni – suddivise nelle varie tipologie – e quante materie prime come l’oro.
La suddivisione degli investimenti in più categorie d’investimento però non è un piano: è una parte del piano. Da sola non serve a nulla esattamente come un motore senza il resto della macchina, per quanto fatto bene, non è in grado di portarti da nessuna parte.
La liquidità è l’asset principale di un progetto d’investimento. E’ lo strumento che ci consente di essere dinamici ed adattarsi alle condizioni di mercato che non è possibile prevedere. E’ possibile anche costruire dei progetti d’investimento che prevedono pochissima liquidità, gestendo le varie fasi di mercato attraverso ribilanciamenti fra asset più simili alla liquidità (come le obbligazioni a breve termine) ed asset più volatili come le azioni. Nelle fasi – come quella che stiamo vivendo – nelle quali le obbligazioni a breve termine hanno rendimenti negativi è molto più facile gestire l’incertezza attraverso una fetta importante di liquidità in portafoglio. Questo non significa che quella liquidità non stia facendo nulla!
Molti investitori vivono in modo negativo il fatto che i soldi siano sul conto corrente o “parcheggiati” in strumenti che non rendono nulla o quasi. Nell’ottica di un progetto d’investimento questo è un importante limite psicologico perché avere liquidità a disposizione significa poter fare la singola cosa più importante che c’è da fare negli investimenti: comprare a prezzi molto bassi. Periodicamente, non possiamo sapere quando ma sappiamo che accade più volte nel corso della vita di un investitore, i mercati finanziari entrano per periodi relativamente brevi di tempo in panico.
Queste fasi capitano con una frequenza temporale nell’ordine di qualche anno. A volte possono passare 10 anni fra un grande panico e l’altro, altre volte meno. Per “grande panico” intendo che mediamente i prezzi delle azioni scendono oltre il 40% dal massimo raggiunto, il che significa che ci sono singole azioni con business molto buoni che perdono anche il 70%.
Alcune volte i prezzi da saldo durano pochissime settimane, altre volte possono durare diversi mesi. Anche escludendo le fasi di grandissimo panico, con frequenze molto più basse di circa 3-5 anni, i mercati azionari perdono, nel loro complesso, circa un quarto del loro valore o più, come è accaduto a Marzo del 2020. In questi casi i recuperi sono molto più rapidi e l’opportunità dura molto meno tempo. Naturalmente non possiamo mai sapere prima se ci troviamo in una fase di correzione del 20/25% che verrà recuperata presto o se siamo all’inizio di una fase di grande panico che porterà le azioni nel suo complesso a perdere oltre il 40%. In entrambi i casi, però, se abbiamo una grande disponibilità di liquidità (o asset simili) predisposta per approfittare di queste occasioni, il rendimento complessivo del portafoglio sarà molto più alto rispetto a quello che si può fare con modeste strategie di ribilanciamento.
Conclusione
Dire che gli italiani detengono troppa liquidità sui conti correnti è un’informazione parziale e fuorviante. Il problema non è la troppa liquidità, che in questa fase potrebbe anche essere una grande risorsa, il problema è l’assenza di progettazione delle proprie risorse finanziarie! Usando una metafora calcistica, la liquidità in portafoglio è come il portiere, per la maggior parte del tempo non fa nulla ma costituisce l’ossatura di una buona squadra tanto quanto l’attaccante centrale (la componente azionaria), il difensore centrale (le obbligazioni) ed il playmaker (le regole d’investimento). Tu sei l’allenatore ed il presidente delle tue finanze: senti che stai facendo un buon campionato?
Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio