Sciopero nazionale, scioperi locali, nei giorni scorsi, oggi e domani: è il dialogo dei taxisti con le autorità per le loro rivendicazioni. Vittime, come sempre, gli utenti, che non c’entrano nulla. Risultato: questi utenti avranno sempre meno fiducia nei taxisti e, mentre questi ultimi continueranno con le loro tariffe spesso esose, gli utenti saranno contenti di non usarli, sostituendoli col mezzo pubblico o con la concorrenza (Uber e dintorni).
Le pretese dei taxisti sono molto politiche e poco economiche: chiedono di essere presi in considerazione per la normativa che dovrebbe fare riferimento al nuovo disegno di legge Concorrenza che, nella sua vaghezza, lascerebbe troppo margine al Governo (condizionato a loro avviso dalle multinazionali) per decidere come regolare la materia. Si chiede lo stralcio dell’articolo 10 del disegno di legge, quindi… di non affrontare il problema, rinviarlo, metterlo nel dimenticatoio e lasciare tutto come prima.
Una situazione in cui è piombata anche l’inchiesta avviata dal The Guardian (1) sulle discutibili lobby che Uber avrebbe fatto negli anni passati a governanti nazionali ed europei. Quindi, al momento, anche le cosiddette alternative economiche ai taxisti sono messe in discussione.
Intanto i taxi continueranno a costare molto, a essere pochi e a compromettere coi loro disservizi questo tipo di trasporto pubblico. Bel risultato. Certamente saremmo consideranti antisindacali se ricordassimo per esempio, che le proprie rivendicazioni si possono fare anche senza penalizzare l’utenza. E considerati anche affamatori di lavoratori: ché non è un caso se si creano spazi giganteschi per servizi come quello di Uber visto che le tariffe mediamente applicate sono esose come è irrazionale l’organizzazione dei taxisti. Forse se questi ultimi prendessero in considerazione gli aspetti positivi delle cosiddette nuove economie, farebbero bene a utenti e a loro stessi.
Vincenzo Donvito Maxia