Difficile schermare di fioretto se l’avversario impugna una sciabola. Con la preferenza unica, i candidati eletti in Consiglio Comunale, sia quelli che si districano in lavori d’aula sia quelli che battono il territorio, si sono emancipati dalle dinamiche di partito.
Con la elezione diretta, il Sindaco si è smarcato dal civico consesso.
Negli Enti locali, il braccio di ferro tra organo di governo e organo di indirizzo (e controllo) si gioca tutto qua. Se Primo Cittadino e Giunta lavorano bene o (si) spacciano (per) bene hanno dalla loro la città. Se i singoli consiglieri o – persino – l’intero Consiglio danno il massimo … ciò non importa nulla – quasi – a nessuno. Anzitutto, perché non vi sono partiti, movimenti, liste che fanno da cassa di risonanza e/o megafono e/o cuscinetto. Il massino non si misura in prestazioni di quantità.
La partita tra Cateno De Luca e i consiglieri è riconducibile a ad una battuta del film western “Per un pugno di dollari” in cui il personaggio Ramón Rojo interpretato da Gian Maria Volonte’ insegna a Clint Eastwood un vecchio proverbio messicano … “Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto».
Indovinate chi abbraccia il fucile senza temere il rinculo?
Al netto delle questioni di merito, due grossolani errori di impostazione sono stati commessi in questi mesi.
Il Sindaco on. Cateno De Luca, è stato messo in condizione dai colleghi deputati regionali e dalle forze politiche, di darsi tempo nella opzione tra il prendere e il lasciare. Pertanto, può cinguettare con l’amico dott. Danilo Lo Giudice sul momento di quest’ultimo dell’ingresso in ARS in sua sostituzione.
Il Sindaco on. De Luca, è stato messo in condizione da giornalisti e commentatori di predicare che il ruolo del Consigliere Comunale è un “mestiere”. Questo concetto, sarà pagato amaramente dalla città perché nelle prossime elezioni si potranno permettere il lusso di cimentarsi al “concorso” elettorale solo impiegati, sfaccendati e disoccupati. Questione che trovo antipatica da approfondire. D’altronde la qualità nelle Istituzioni non interessa più (quasi) a nessuno.
Infine, a cosa assisteremo nei prossimi anni?
Gli elettori si distinguono in tre grandi categorie.
La prima. Coloro che guardano a sviluppo, risveglio, riscatto, rinascita, volano socio-economico. Nella categoria rientrano professionisti, intellettuali, utopisti, imprenditori.
La seconda. Coloro che – disincantati dalle questioni macro – si accontentano di strade pulite, cassonetti svuotati, impianti di illuminazione efficienti. In una nicchia specializzata coloro che si servono dei mezzi pubblici (extra comunitari, pensionati, impenitenti radical chic). Gli studenti, quelli residui e residuati, mi sembrano piuttosto organizzati tra genitori tassisti, motorini, “macchinette”. Chi ricorda negli anni ottanta le fermate da sud del 2, 4, 5, 7, 7 rosso, sette sbarrato?).
La terza. Coloro che demonizzano ogni esperienza da patentati sfascisti, fanculisti, dietrologisti del “a sciarra è ‘ppa cutra”.
Ormai, tutti, in tutte le categorie, sembrano arrendersi a tasse da deficit imprescindibile.
A proposito. Si ricomincia con la litania del dissesto.
Non si vuole capire che è strumento di estrema ratio amministrativa.
Se c’è … non si può non dichiarare. Se non c’è … non si può dichiarare. La materia è sottratta a ogni laica interpretazione.
Al liceo, trentacinque anni fa, trentacinque chili fa, trentacinquemila capelli fa, dei candidati sfrontati osarono sfidare compagni di scuola già “politicamente impegnati” (ricordo tra gli altri Giampiero D’Alia, Dario Caroniti, Nicola Bozzo) al motto “se vengo eletto mi dimetto”. Presero molti voti ma pochi li presero sul serio. Oggi, la “minaccia” delle dimissioni del Sindaco sembra essere presa sul serio da un lato da chi teme il Commissariamento e dall’altro da chi teme che in primavera possa totalizzare un risultato anche per il Consiglio Comunale. Diciamo che la dimissione non è una carta da gioco di società tra il “vicolo corto” del Consiglio Comunale e il “Parco delle Vittorie” di De Luca.
Ah … E Forza Italia? Babbía.
Emilio Fragale