PONTE SI’, PONTE NO: IL CAMBIAMENTO E’ SALVAGUARDARE LO STRETTO DAL CEMENTO

di Andrea Filloramo

Vivo da quasi cinquanta anni lontano da Messina, la città dove sono nato, dove ci sono le mie radici, che è così fortemente stampata dentro di me, che ritorno continuamente col pensiero e colla nostalgia nelle sue vie, nelle sue piazze, nel suo mare, decantato dal Poeta Giovanni Pascoli che scrive: “Questo è un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le latine; e qui si fondono formando nella serenità del mattino un immenso bagno di purissimi metalli scintillanti nel liquefarsi, e qui si adagiano rendendo, tra i vapori della sera, immagine di grandi porpore cangianti di tutte le sfumature delle conchiglie. È un luogo sacro questo”.

A quanti, in Lombardia dove abito, mi chiedono – e sono tanti – cosa ne pensi del Ponte sullo Stretto, il cui avvio dei lavori sarebbe dovuto iniziare entro l’estate come assicurava Salvini, solennemente però smentito dal direttore della Stretto di Messina, ripeto quanto tutti dovremmo sapere: lo Stretto di Messina, per la sua unicità paesaggistica, geologica e geomorfologica ha un grande valore storico e mitologico unico al mondo. E’ il crocevia di civiltà portatrici di storie e di leggende. E’ celebrato da poemi e racconti. “E’ luogo di incontri e di distacchi, di arrivi e di partenze, di sirene e di mostri inabissati, di epifanie rivelatorie, di delfini e di fantasmi. Lo Stretto di Messina scompare nelle definizioni e appare multiforme e variopinto nella ricca produzione letteraria italiana e straniera  che lo riguarda”.

Lo Stretto, inoltre, è molto amato da pittori, fotografi e artisti di ogni epoca.  

E’, infine, ma non è di poco conto, un luogo di fatica umana, di lavori e mestieri tradizionali e di ricerca che hanno a che fare con la sua particolarissima fauna. Per sua natura è perciò intoccabile e inviolabile

Per tali motivi e per tanti altri, dovremmo tutti impegnarci a metterlo in salvo da ipotetici e fantasiosi progetti “mangiasoldi”, da inutili manufatti o costruzioni, da autentiche cattedrali nel deserto, che offendono la natura, finalizzati – diciamolo chiaramente – solo all’ulteriore sperpero di incalcolabili risorse pubbliche che andrebbero invece utilizzate per una sua valorizzazione reale o non per la sua devastazione.

Perseverare, quindi, sulla fantomatica e elettoralistica salviniana idea di realizzare un Ponte sullo Stretto mortifica molto le sue potenzialità e continua a trovare un propagandistico alibi per non affrontare i problemi e i limiti drammatici che tra la Sicilia e la Calabria restano immutati e sempre irrisolti.