Prezzi minimi dei prodotti contro il caporalato agricolo? Fantasie contro mercato e consumatori

Dopo le vicende dell’assassinio del bracciante nella zona di Latina (1), la politica si è ricordata di ciò che sapeva (l’esistenza di sfruttamento dei braccianti agricolo, soprattutto immigrati) e il pianto nazionale si è diffuso. Senza cinismo: come altre volte, vedrai che gli passa…. a meno non ci siano cambiamenti radicali nelle politiche dell’immigrazione e rispetto delle regole che già esistono per le politiche del lavoro.

Come se non bastasse questa sorta di lutto nazionale sono anche emerse proposte (2) di istituire prezzi minimi per la vendita di certi prodotti sì da sventare il caporalato. Così si eviterebbero i prezzi bassi a cui vengono venduti, per esempio, i pomodori (barattolo da 400 gr a 70 centesimi). La ricaduta sarebbe ovviamente sul mercato e sui consumatori, che dovrebbero spendere di più.

Chi propone una cosa del genere non ha preso in considerazione che, invece, la conseguenza di prezzi minimi sarebbe sì l’aumento del costo dei prodotti per i consumatori, ma essenzialmente il maggior guadagno da parte di quelle aziende che oggi pagano 2 euro per un’ora di bracciantato agricolo e che continueranno a pagare simili importi.

Ché il problema non è il prezzo di vendita che spinge le aziende a pagare meno chi lavora, ma aziende che vogliono guadagnare molto fregandosene della legge, vista la latitanza della sua applicazione. Ci sono fior fiore di aziende che non sfruttano e ammazzano i loro lavoratori, eppure mettono sul mercato prodotti che hanno prezzi concorrenziali.

Queste sortite servono solo a distruggere il mercato, a sottovalutare l’importanza della legalità, a rivolgere altrove l’attenzione delle autorità, a danneggiare i consumatori, a far continuare i delinquenti a esser tali.

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc

 

 

1 – https://www.aduc.it/articolo/ricordiamoci+satnam+singh_37751.php

2 – Oscar Farinetti, fondatore di Eataly