Putin fa una cosa e ne sbaglia due. Non sapendo cosa fare dopo l’aggressione all’Ucraina, il presidente della Federazione russa gioca con il cambio del rublo, ridotto al valore della carta su cui è stampato.
Dunque, Putin pretende il pagamento delle forniture energetiche in rubli, invece che in dollari o euro, come da contratto.
Le società acquirenti dovrebbero convertire euro o dollari in rubli acquistandoli dalla Banca centrale della Federazione russa, e con quelli pagare Gazprom o altre aziende. In questo modo la Banca russa acquisirebbe valuta pregiata.
C’è un particolare: Gazprom, da tempo, gira alla Banca russa l’80% degli introiti in valuta pregiata in cambio di rubli e trattiene solo il 20% dei pagamenti in euro o dollari, che le servono per saldare le scadenze sui propri bond societari. Portare al 100% le entrate di Gazprom in rubli condurrebbe al non rispetto degli obblighi finanziari e al fallimento, a meno che la Banca russa non supporti tali obblighi.
Il risultato finale sarà quello di spingere la ricerca di altre fonti energetiche da parte dell’Ue e Gazprom, cioè Putin si terrà il gas a casa, non avendo i gasdotti verso l’Europa connessioni con altri Paesi.
La mancata integrazione economica della Russia con l’Occidente, la porterà a ulteriore povertà e alla dipendenza dal gigante economico asiatico: la Cina.
Un risultato putiniano.
Primo Mastrantoni, Aduc