Referendum cannabis. Le nuove tecnologie non solo per pagare tasse, ma anche per i diritti

Il Comitato promotore del referendum cannabis ha comunicato che è stato raggiunto il numero di 500mila firme dopo una settimana del lancio della raccolta. Occorre continuare ad invitare a firmare per garantirsi un margine sulle possibili firme nulle per vari motivi, non ultimo quello che ogni firma va corredata col certificato di iscrizione del singolo alla lista elettorale del Comune dove è residente; onere a carico del comitato promotore, dedito a una corsa contro il tempo visto che il deposito delle firme e dei certificati deve essere fatto entro il 30 settembre.

Non era mai successo che in una settimana si raggiungessero le 500mila firme, soprattutto se si considera che il comitato promotore non è sponsorizzato da nessuno dei grandi partiti del regime italiano. Anzi. Questi ultimi, in modo silente o meno, stanno osteggiando la raccolta in virtù di una sorta di patria potestà legislativa che starebbero perdendo. Patria potestà su cui concordiamo, proprio perché reputiamo che il nostro debba continuare ad essere un regime di democrazia parlamentare e non di democrazia diretta… e non potrebbe essere altrimenti visto che gli unici referendum con valore di legge sono quelli abrogativi. E proprio in virtù di questa concordia riteniamo che sia auspicabile ed incentivabile l’apporto dei cittadini alle lentezze e agli ostracismi delle pratiche e logiche parlamentari.

Il “problema” cannabis, nella fattispecie, non è una novità di quattro “scoppiatelli” emersa nelle stanze di club di radical-chic ma un fenomeno molto sentito e vissuto nei risvolti umani, giuridici, legislativi, sociali, economici, sanitari e di sicurezza. Fenomeno che coinvolge milioni di persone che, per una propria pratica individuale che non crea problemi, ha alimentato delinquenza ed insicurezza. Certo, ci si può anche non fare uno spinello e il problema finirebbe lì. Ma non è così. Le persone amano farsi spinelli. E  siccome si tratta di sostanza ben al di sotto delle pericolosità di quelle legali, non si capisce perché dovrebbe continuare ad essere illegale. Lo Stato dovrebbe servire anche a questo: prendere atto, valutare e decidere… e la decisione presa fino a oggi, il proibizionismo, si è solo ritorta contro consumatori ed istituzioni.

Precisato questo, è in atto una rivoluzione democratica che il nostro Paese non ha mai conosciuto e che si sta realizzando grazie a quella tecnologia che oggi eravamo abituati ad usare solo per pagare le tasse. Una rivoluzione del diritto e della partecipazione. Si rimette in discussione la formazione degli equilibri di governo e di potere. Quelli che fino a oggi erano solo basati sula mediatizzazione del proprio essere; e che quando cercavano riscontro, il dato emergente e sempre silenziato era quello del calo della partecipazione democratica, sia nei momenti elettorali che in quelli di formazione e informazione del consenso.

500mila firme online in una settimana dimostra che i cittadini ci sono e cercavano solo un metodo di espressione incisivo. Superando la mediazione dei partiti ma, vista la natura abrogativa del referendum, non per cancellarli ma per richiamarli ad una funzione di tramite tra cittadini e Parlamento che nel tempo hanno perso.

Le nuove tecnologie non servono solo per pagare le tasse, ma anche per i propri diritti.

Per firmare (con lo Spid e anche senza):

https://referendumcannabis.it/

 

Vincenzo Donvito, Aduc