L’arte, la scienza, lo sport aiutano a mantenere i contatti tra i Paesi del mondo, a prescindere dal fatto che, in un dato momento, siano “amici” o “nemici”.
Del resto, le Olimpiadi antiche avevano proprio lo scopo di creare un periodo di confronto pacifico tra le varie città della Grecia spesso in conflitto tra di loro.
Oggi possiamo dire che se gli studiosi, gli artisti e gli atleti di qualunque Paese si incontrano senza preclusioni, la conoscenza diretta fra queste persone toglie, o quanto meno diminuisce a proposito di esse, l’aura venefica del “nemico”, e le mostra come esseri umani, come persone, appunto, caratterizzate dalla propria specificità e non dall’appartenenza massiva a una Nazione e/o ai suoi governanti che in questo dato momento possono commettere (e far commettere ai loro eserciti) azioni esecrabili.
Quindi, impedire il dialogo tra questi gruppi di persone, allo scopo di punirle per appartenere a un Paese, i cui governanti mirano alla distruzione del “nemico”, senza voler accettare i necessari compromessi per fermare la guerra, tutto può fare fuorché aiutare a costruire la pace.
Ecco perché, proprio adesso, è di straordinaria importanza che l’Università di Torino, così come altri Atenei italiani, che ne hanno seguito le cattive orme a seguito di pressioni studentesche non ben ponderate, annullino la “sospensione di tutte le mobilità verso Israele e il Libano anche per il secondo semestre dell’anno accademico 2023-2024”, e riprendano le relazioni con le analoghe strutture di studio e di ricerca in questi Paesi del Vicino Oriente.
Lo stesso si deve dire anche per quanto riguarda gli scambi e le relazioni con studiosi, artisti, sportivi di nazionalità russa.
E’ bene aver chiaro che, se se si vuole davvero che un conflitto trovi una soluzione pacifica, occorre essere convinti che non esistono masse monolitiche che si fronteggiano, bensì persone sempre singole, persone che, nella maggior parte, mantengono una propria razionalità e ragionevolezza, e che soltanto il rapporto da persona a persona può far comprendere le ragioni dell’altro e quindi far balenare nelle menti di tanti (se non proprio tutti) l’idea nuova, la scintilla che può far fare un passo importante verso la convivenza pacifica.
Abbattere i muri, costruire i ponti – questo possono contribuire a fare gli scambi tra studiosi/scienziati, tra artisti, tra sportivi. Se si impediscono questi scambi, allora vuol dire che siamo tutti condannati a essere distrutti da una guerra sembra più vasta e spietata. Una guerra contro l’umanità – come genere umano e come spirito di umanità, cioè l’empatia verso chiunque soffra quello che noi mai vorremmo soffrire.
Annapaola Laldi, consulente Aduc