SPREAD: non è una legge della natura, sono regole che ci siamo dati

Calendar with euro bills.

La famigerata parola “spread” è tornata a spargere terrore nei media. La quasi totalità delle persone non ha la più pallida idea di cosa effettivamente sia e del perché sia così importante, ma la narrazione è comunque super-efficace e funziona benissimo a rendere più “ragionevoli” i politici non allineati all’ortodossia economica attualmente dominante.

 

E’ indubbio che -dato il contesto attuale in cui ci troviamo- la politica DEVE considerare il problema dello SPREAD, ma è anche indubbio che questo problema non è legato a qualche “fenomeno naturale”, ma a precise scelte che -come società- abbiamo fatto e sulle quali dovrebbe imporsi una riflessione approfondita.

 

E’ sensato che le scelte politiche fondamentali di un Paese, la stessa formazione di un governo, siano determinate dall’andamento momentaneo di alcuni indici finanziari?

 

Che cos’è che determina questo fenomeno? La quasi totalità dei commentatori sui media dà per scontato che questo sia “normale”. La narrazione prevalente è la seguente: “è ovvio, è normale, che i mercati finanziari esprimano un giudizio: se ritengono che l’Italia sia meno affidabile, vendono i titoli di Stato e questo li fa crollare, lo spread s’innalza… è accade il disastro…”. Questa narrazione è parziale. La radice del problema deriva da una specifica regola che vige nell’area Euro, regola che impedisce alle banche centrali di acquistare direttamente in emissione le obbligazioni degli Stati membri. In tutti i Paesi ad economie più sviluppate (USA, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Australia, ecc.) la banca centrale svolge tre ruoli fondamentali: 1) banca delle banche, 2) banca dello Stato, e 3) banca dell’estero. La nostra banca centrale non può essere, per regole che ci siamo dati insieme ai partner europei, “la banca dello Stato”. La vera origine dello spread non sono i timori sull’Italia, la vera origine dello spread è l’assurdità che uno Stato dell’area Euro debba andare con il cappello in mano sui mercati finanziari a chiedere di rinnovare i propri titoli ai tassi determinati dall’umore momentaneo, come fosse un cittadino privato. Sia chiaro, questo non significa che uno Stato qualsiasi, con una banca centrale “normale”, possa emettere debito in modo infinito. Significa solo che uno Stato con un’economia sufficientemente solida come quella italiana (che ha sicuramente molti problemi, certamente è in declino, certamente ci facciamo del male da soli e subiamo passivamente regole assurde che ci hanno fortemente penalizzato in questi venti anni, ma si tratta comunque di una delle prime 10 nazioni al mondo, sebbene lo sport nazionale sia quello di denigrarci) non troverebbe alcun problema a rinnovare i propri titoli di Stato a tassi in linea con quelli fissati dalla propria banca centrale in base alle proprie autonome politiche monetarie, se solo avesse una “normale” banca centrale. Se poi facesse politiche economiche scellerate, dopo un bel po’ di tempo, avrebbe problemi sul fronte del cambio, quindi dell’inflazione, e via di seguito rischierebbe la bancarotta. Ma tutto sarebbe guidato dalla macro-economia, non dalla speculazione finanziaria!

Se questo non accade non è perché è “normale”, come se fosse una legge di natura… (“è normale che d’estate faccia caldo e d’inverno freddo…”) è perché ci sono delle specifiche norme che lo causano. Vogliamo discuterne in modo approfondito e senza semplificazioni, oppure è meglio non farlo perché altrimenti lo spread si arrabbia?

Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio