Lo scandalo dell’Ispettorato del lavoro di Catania riporta sotto i riflettori un “consolidato circuito corruttivo” sulla pelle dei cittadini: io ti aiuto, se tu aiuti me nella campagna elettorale. Che schifo!
Fino a quando abuseranno della pazienza del popolo gli allegri politici, che siano deputati o consiglieri comunali, difficilmente le cose cambieranno.
A Messina per le Amministrative del 10 giugno siamo tutti nell’attesa che qualcosa accada: perché sono troppe le voci che circolano, su presunti accordi non leciti di questo o quel candidato, in cambio di voti. Se ciò fosse vero sarebbe grave perché dimostrerebbe una volta di più che ci sono politici che continuano a considerare il Comune alla stregua di una partita privata, di un mero fatto personale, mentre fuori la crisi economica imperversa, la gente si suicida esasperata dalla povertà e la perdita del potere d’acquisto restringe i salari delle famiglie.
Per carità, siamo più che certi che la magistratura, le forze dell’ordine, vigileranno sull’esito di queste votazioni, e se qualcuno proverà a brigare, sarà punito. Intanto, però, le liste dei candidati presentano nomi imbarazzanti, confusi, complicati, inconcludenti, e persino condannati, “difficilmente potranno fare peggio di chi li ha preceduti”, assicurano, ma intanto ci ritroviamo un gruppo di pretendenti inconcludenti che pensano che per garantirsi un futuro, non la democrazia, bastino una poltrona in consiglio comunale e i social networks.
Molti di loro non conoscono neppure le vie di Messina né la sua storia, eppure si candidano per farne parte, amministrarla, gestirla. In un momento così cruciale non hanno trovato di meglio che occupare una posizione in lista, che sia Pd o Forza Italia, non importa, tanto, aggiungono, “ci saranno mille imbecilli che mi voteranno”. Valori, principi, etica, professionalità? La casa brucia e loro si battono per garantirsi una fetta di potere, una scusa per non andare al lavoro. Ma dov’è finito lo spirito di servizio, il senso di responsabilità della politica?