Di contro a una società prigioniera della mafia, Giovanni Falcone, con la luminosità della sua vitale interpretazione, ha inteso significare che nel suo rigoroso imbastire dell’accusa processuale nei riguardi dei criminali riusciva a non si faceva fottere.
E così è stato.
Per questo l’hanno dovuto eliminare.
Solo col terribile botto di una criminalità disperata, che non riusciva più a trovare il bandolo se non attraverso lo scoppio della violenza che metteva paura, che era incapace di persuadere e tentava solo di intimorire chi stava a guardare.
Ecco perché oggi bisogna tornare sull’argomento, perché: per eliminare la paura, per dimensionare la levatura dei piccoli uomini, per dare lustro alle istituzioni, per riscattare un senso diffuso di ignavia.
Tutto questo affinché si possa disarticolare il sistema Palamara, affinché si possa ridare fiducia a uomini che ricoprono ruoli da porsi al servizio delle comunità, affinché da quella umanità possa rifiorire la speranza.
L’orizzonte a cui ci fa guardare la vita di Giovanni Falcone è costituito da luminoso impegno per rassegnare modelli a quanti, a tanti nelle nuove generazioni possa albergare l’idea che il #sacrificio di Giovanni Falcone sia l’eccezione di un mondo che dal caos riesca ad impersonare un senso di ammirazione perché si possa uscire, con le parole di Edgardo Bartoli “dal destino irrisorio dell’intelligenza italiana, condannata a soccombere continuamente a se stessa e a risorgere da ogni sconfitta, eternamente vincitrice e vittima al tempo stesso.”
Ecco cosa può consegnarci l’#esperienza di Giovanni Falcone ovvero ridare un’occasione perché l’intelligenza possa assolvere al compito di rimettere in ordine la scala dei #valori: col poter coltivare la libertà di pensiero, l’aspirazione alla giustizia nelle relazioni, fino a declinare l’equilibrio nelle scelte in una prospettiva diversa dall’attuale in cui l’umanità si coniuga con la bellezza dell’agire consapevole e responsabile, non quindi a un’estetica da polvere di stelle.
#Rino_Nania – 23 maggio 2021