TRENT’ANNI DI SCONTRI TRA LA CHIESA E LO STATO ITALIANO

Il libro del professore americano David Kertzer, “Prigioniero del Vaticano. Pio IX e lo scontro tra la Chiesa e lo Stato italiano”, Rizzoli (2005), ricostruisce con grande sapienza, la lotta straordinariamente violenta, combattuta a forza di scomuniche da un lato e con le provocazioni di uno sfrenato anticlericalismo dall’altro. Lo storico americano David Kertzer, grazie all’ampia documentazione attinta sia dagli archivi nazionali sia da quelli vaticani, porta nuova luce su alcune delle pagine più interessanti della storia della Penisola italiana.

I protagonisti di questo grande affresco sono i soliti che hanno fatto la Storia del Risorgimento a partire dal re Vittorio Emanuele II, Garibaldi, il cancelliere di ferro Bismarck, il re di Francia Napoleone III, il potente segretario di Stato cardinale Antonelli e poi il Papa Pio IX, salito al soglio di Pietro nel 1846 e morto nel 1878, dopo aver vissuto il pontificato più lungo della Storia.

Kertzer sviluppa e rilegge per noi la storia di oltre trent’anni tra le due fazioni, i due poteri: il Regno di Sardegna e il Papato, che culminerà il 20 settembre 1870 con la presa di Roma. Bisognerà aspettare i Patti Lateranensi per porre fine alle ostilità tra Chiesa e Stato. Il testo di 365 pagine con una discreta bibliografia è composto di ben 20 capitoli con alcune illustrazioni e cartine.

Quando il 20 settembre 1870 le truppe italiane entrarono a Roma e annessero la città al nuovo Stato italiano, Pio IX si dichiarò “prigioniero del Vaticano”. Denunciando lo Stato “usurpatore”, si ritirò nei palazzi del Vaticano e, sprezzante di fronte ai tentativi di dialogo del governo italiano, si rifiutò di uscirne. Confidando in Dio che prima o poi l’avrebbe liberato dagli usurpatori. Scomunicò tutti i capi del nuovo Stato italiano a cominciare dal re, ministri e generali, soprattutto supplicò i regnanti cattolici, affinchè accorressero di nuovo in suo aiuto. Confidò molto nei francesi in Napoleone III.

“Nel ventennio successivo si svolse una battaglia drammatica e, nel 1878, il dramma assunse proporzioni ancora più tragiche con la morte dei protagonisti principali: Pio IX e Vittorio Emanuele II vennero a mancare a un mese di distanza l’uno dall’altro”.

Due figure contrapposte, Vittorio Emanuele II che pur nutrendo poco amore per la Chiesa e il clero, cercò fino alla fine di essere ricevuto dal Papa. Dall’altra parte senz’altro Pio IX è stato il più importante pontefice della storia moderna.

Tuttavia, la lotta proseguì anche con i successori, Leone XIII e Umberto I. E’ questa la storia che Kertzer racconterà nel libro,“una storia di accuse oltraggiose, di condanne reciproche, di terribili timori e aspre dimostrazioni pubbliche, la cronaca di frenetiche trattative diplomatiche e negoziati segreti”. Una lotta fatta di immagini, di retorica, ma anche di violenze, ingiurie e aggressioni. In più c’era anche la possibilità che potesse scoppiare una guerra che avrebbe coinvolto l’intera Europa e soprattutto l’Italia, che appariva debole, quindi potenzialmente perdente di fronte a Stati più potenti. Da questa possibile guerra, un’Italia frantumata dava la possibilità al Papa di poter regnare su Roma.

Secondo il professore americano questa è una battaglia, quasi del tutto sconosciuta, che ancora lascia una traccia profonda nell’animo degli italiani. Se non comprendiamo questo pezzo di storia, non c’è modo di comprendere l’Italia di oggi.

Oggi i protagonisti di allora, continuano a vivere nel marmo e nel granito delle statue che abbelliscono le piazze italiane, vivono nelle tombe, nei dipinti famosi. Roma più delle altre città è piena di giganteschi monumenti. Kertzer evidenzia come è stata scritta la storia sui libri di testo per gli alunni, senz’altro poco aderente alla realtà, pertanto, è necessario che venga raccontata la Verità storica, anche se è troppo imbarazzante. Alla base della creazione dell’Italia moderna, occorre affermare che il più grande antagonista fu il papa, e questo non è un argomento agevole da raccontare.

“La questione è troppo scomoda: la vera storia della nascita dell’Italia moderna, con la fine dello Stato Pontificio e i tentativi del papa di mandare a monte l’unità del nuovo Stato, propone un racconto avvincente fatto di intrighi e pathos, popolato di grandi personaggi, una vicenda dall’altissima drammaticità”.

Braccio destro di Pio IX , come segretario di Stato si staglia la figura di Giacomo Antonelli con la sua acutezza diplomatica. Tra le altre figure sorvolo su Garibaldi, tante volte descritto nei miei studi. Piuttosto Kertzer si sofferma sull’imponente baffuto Otto von Bismarck, il cancelliere tedesco e capo della Germania alla fine degli anni ’70. Il cancelliere indossava sempre un’uniforme militare bianca, di origine contadine prussiane. L’altro personaggio emblematico è Napoleone III, imperatore di Francia, con un passato da rivoluzionario, che voleva abbattere la monarchia. Nonostante fosse sostenitore di quel nazionalismo che vedeva il papa re come una scomoda  reliquia medievale, la sua priorità era consolidare il suo regno. Per questo aveva bisogno dell’appoggio del cattolici francesi, ecco perché mandò il suo esercito a sconfiggere Garibaldi e restituire Roma a Pio IX, proteggendolo con il suo esercito.

Assieme a tutti questi personaggi importanti troviamo una moltitudine di altri forse meno importanti, si tratta di un mondo di nobili in fermento, di anticlericali tutti intenti ad aggredire il Vaticano, di presunti assassini, un mondo ossessionato dal sospetto di cospirazioni. C’è chi invoca i nobili principi della morale illuminista, chi invece, si appella ai sacri dogmi della verità rivelata. Altri ancora ritenevano opportuno insultare e inveire contro. Certo sull’argomento si possono trovare diversi libri che tentano di raccontare questa storia, ma nessuna secondo Kertzer è fondata sulle ricerche all’interno dei due archivi storici del Vaticano e dello Stato italiano. Anche perché la maggior parte degli storici italiani, liberali, non intendevano attingere agli archivi vaticani. E questo forse dura ancora oggi, nonostante l’apertura nel 1979 degli archivi della Santa Sede. Nelle Note si possono vedere le fonti archivistiche che ha consultato il professore.

Il testo si occupa dei vari passaggi che hanno portato alla distruzione dello Stato Pontificio, con il Papa Pio IX che ha cercato di contrastare questa distruzione. Il problema dei governanti di Torino era quello di trovare il pretesto per invadere quello che rimaneva del territorio in mano a Pio IX, in particolare la capitale. Bisognava provocare una rivolta “spontanea” a Roma, e usarla come pretesto per inviare le truppe e ristabilire l’ordine. Ma anche Kertzer deve ammettere che i romani non ne volevano sapere di ribellarsi, nonostante qualche motivo di scontentezza. Sostanzialmente a Roma regnava una quiete imbarazzante, scrive Kertzer.

Allora si passò alla strategia dei raggiri e dei complotti, dove assunse un ruolo centrale il rivoluzionario numero uno: Garibaldi, che interruppe il suo esilio di Caprera, per fare un viaggio in Europa al fine di cercare appoggi e raccogliere fondi per la sua crociata contro il papato, “la più nociva di tutte le sette”.

Il 3 novembre 1867 ci fu lo scontro a Mentana tra i garibaldini e i francesi di Napoleone III. Adesso i francesi tornano a pattugliare le strade di Roma.

Intanto il Papa diventa infallibile e pubblica la tanto discussa enciclica Quanta cura con l’allegato Syllabus errorum. Il professore americano commenta l’enciclica secondo i suoi parametri che non sono certamente quelli del conservatorismo cattolico, di Pio IX e altri cardinalei. Bontà sua scrive che Pio IX, “non aveva certo intenzione di eliminare treni e telegrafo ma senza dubbio stava subordinando la Chiesa a un’ideologia medievale”. Nell’enciclica Pio IX ricordava quelle lotte contro gli imperatori feudali, offrendo una visione apocalittica, una lotta tra le forze del bene schierate contro le forze del male.

In questa lotta Pio IX era fortemente rammaricato non tanto contro il re d’Italia o i suoi ministri, ma a “sdegnarlo furono quei cattolici che credevano possibile riconciliare la loro religione con blasfemie moderne quali la convinzione che la Chiesa e Stato dovessero essere separati, o che il papato fosse in grado di sopravvivere e addirittura prosperare pur senza territori da governare”.

Praticamente il Sillabo rappresentò il trionfo della fazione reazionaria della curia papale, identificata con i gesuiti. Pertanto, l’Europa che si rifaceva ai principi rivoluzionari vedeva nella pubblicazione dei due documenti pontifici un danno per la Chiesa di Roma. Per loro il Papato diventa un’istituzione anacronistica e pericolosa. Dal 3° al 5° capitolo si racconta la presa di Roma ad opera dell’esercito italiano. Dopo che i francesi hanno abbandonato Roma, il Papa resta solo con un piccolo esercito, perlopiù volontari stranieri al comando del generale Kanzler. Il governo italiano era sempre alla ricerca di un pretesto per occupare Roma. Intanto il presidente del Consiglio dei ministri Lanza cerca di organizzare la rivolta popolare a Roma, ma anche questa volta niente, “manca la gioventù coraggiosa e uomini energici di testa”, scriveva il primo ministro.

Mentre le truppe italiane marciavano verso Roma, Pio IX disperatamente cercava l’aiuto di una grande potenza europea. Le ultime energie diplomatiche si dirigono verso l’imperatore austriaco. Alle cinque del mattino del 20 settembre 1870 un impressionante esercito di soldati italiani al comando del generale Raffaele Cadorna accerchia la città e inizia con i cannoni a sparare, quaranta colpi al minuto. La resistenza simbolica degli zuavi si arrende e l’esercito di Vittorio Emanuele dilaga in città. Fu una vittoria agevole per i Piemontesi, così li chiamava Pio IX. Il Tribuno il 23 settembre immortalò l’avvenimento: “Dopo quindici secoli di tenebra, di lutti, di miserie e di inenarrabili dolori, Roma, un dì regina del mondo, ritorna metropoli di un grande Stato[…]”. Da questo momento il Papa diventa un prigioniero nei palazzi vaticani e per i cattolici europei è un martire. Si prevede che anche questa volta prima o poi sarà liberato da qualcuno. La speranza della liberazione era rivolta sempre alla Francia, che doveva affrontare non pochi problemi.

Il racconto di Kertzer si indirizza sullo scontro a distanza (ma non troppo) tra il Papa prigioniero nella sua città e il re Vittorio Emanuele che ha preso possesso del Quirinale. Intanto a Roma si diffonde l’anticlericalismo, guidato dal primo “missionario” laico, eroe dell’unificazione e ora propugnatore della distruzione totale del Papato in Italia. C’era un odio profondo e intenso di Garibaldi e compagni per il clero cattolico, dal papa fino al prete di campagna. Il Papa per loro era “nemico dell’unificazione italiana e dipendente da truppe straniere che lo proteggevano dall’ira del popolo, il clero rappresentava le forze delle tenebre”.

Dopo la presa di Roma, Garibaldi scrisse il famoso libro I Mille, racconto romanzato dei sui trionfi in Sicilia e della marcia verso la città santa. Nel testo è forte la immagine di una Storia tra la lotta per il bene e il male. Il Male è soprattutto il clero cattolico, “tiranni e preti, conventi e carceri, carceri e sgherri, vi è tale affinità di famiglia tra cotesti flagelli del genere umano, da non distinguerli, e da considerarli la stessa emanazione dell’inferno”, scriveva Garibaldi. I Gesuiti per Garibaldi rappresentavano il massimo del male, la tirannide per eccellenza.

Kertzer descrive il movimento anticlericale, repubblicano, rappresentato da liberi pensatori, esponenti della classe media. Era il movimento che alimentava le rivolte violente contro la Chiesa, di questo periodo nelle varie città italiane, in particolare a Roma. Questa rivolta anticlericale si manifesto principalmente in occasione del trasferimento della salma di Pio IX dal Vaticano alla Basilica di San Lorenzo il 12 luglio 1881. Tre anni dopo la sua morte, per Kertzer sono poco chiari i motivi per cui Leone XIII ha aspettato così tanto tempo. La cerimonia di traslazione doveva avvenire di notte e di nascosto, per evitare incidenti e violente manifestazioni da parte degli anticlericali e massoni. Il testo del professore americano descrive dettagliatamente i discorsi, i rapporti segreti tra il questore di Roma Bacco e il prefetto. Ma alla fine tutta Roma era a conoscenza del trasferimento della salma, in Piazza S. Pietro si radunarono almeno 100.000 persone. La processione iniziò a mezzanotte con le torce, le associazioni cattoliche parteciparono all’evento. Mentre i facinorosi violenti degli anticlericali inveirono contro il corteo assalendo i cattolici in processione bersagliati con sassate. Poi ognuno ha raccontato la vergognosa gazzarra orchestrata dai nemici del Papa secondo i propri criteri. Il Governo italiano ha cercato di minimizzare, oppure ha addossato le colpe ai cattolici che hanno provocato. Mentre tutta la stampa cattolica di tutta Europa denunciava il governo italiano per il caos durante il corteo funebre. Mentre la stampa laica era divisa. I disordini di quella notte per molti era la dimostrazione che bisognava liberare la Chiesa dal potere dispotico del nuovo Stato italiano. L’Osservatore Romano in particolare il 4 agosto in un articolo manifestò la sua contrarietà al governo italiano: “il sogno di conciliazione tra il papato e la Nuova Italia […] è impossibile”. Peraltro da quello che emerge nel libro erano contrari alla conciliazione sia gli anticlericali liberali, anarchici e socialisti che anche i cattolici intransigenti.

Da questo momento il testo si sofferma sul dibattito di una possibile partenza del Papa per un esilio in un Paese possibilmente cattolico, si pensa prima all’Austria, ma poi sembra più probabile la Spagna. Leone XIII in continuazione faceva intendere che era disponibile a lasciare Roma, visto che anche la popolazione romana non era più al fianco del papa. “Grazie all’influenza malvagia delle sette, l’indifferentismo religioso era diffusissimo e l’amore per la Chiesa e il papato erano molto sfumati, soprattutto tra le classi medie”. Leone XIII con i suoi interventi fa di tutto per far capire ai vari governi delle potenze europee il suo stato di sudditanza nei confronti del Regno d’Italia ora di Umberto I. Inoltre chiede di intervenire in suo favore per fargli avere il potere temporale a Roma. In particolare si rivolge ai cattolici dell’impero austroungarico che intanto con la Triplice Alleanza era alleata del governo italiano.

Un altro significativo episodio dove l’anticlericalismo ha manifestato la sua becera virulenza è stato l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno al Campo de’ Fiori a Roma. Sostanzialmente un esimio sconosciuto in quel momento storico, che viene ben presto reso un mito dalle forze repubblicane, che avevano bisogno di un “martire” da contrapporre alla Chiesa cattolica. Bisognava a tutti i costi sponsorizzarlo e farlo conoscere alla popolazione, attraverso comitati, conferenze, pubblicazioni e discorsi. Anche Kertzer segue attentamente il percorso come si è sviluppato in quelle settimane frenetiche dei vari esponenti che inneggiavano a Bruno, non solo italiani. Il 9 giugno 1889 viene inaugurato il monumento del Grande Nolano, proprio nel centesimo anniversario della Rivoluzione francese. Circa 10.000 partecipanti all’evento dove si inaugurava la religione del pensiero. Intanto il Vaticano era letteralmente in stato di assedio. La sera prima 16 vagoni pieni di soldati italiani giunsero a Roma per fornire ulteriore protezione.

Sostanzialmente la situazione del papa era divenuta intollerabile; l’odio nei confronti del Vicario di Cristo si faceva sempre più pericoloso. I nemici della Chiesa avevano tentato di sostituire il papa con l’eroe del principio della libertà di pensiero. Ormai l’intero mondo cattolico era costretto ad assistere alla “umiliazione la più profonda del suo capo spirituale e della sua Sede […]”. In pratica, forse, la stessa persona del Papa era in pericolo. Ecco perché si continua quasi con accenti monotoni di affrontare una fuga da Roma. Kertzer segue anche questo con documentazione adeguata e particolareggiata. Ma io mi fermo, spero di essere utile soprattutto per chi intende la Storia uno strumento per migliorare la nostra vita presente. Un Grazie per chi condivide con me la mia stessa “battaglia” per la verità storica.

DOMENICO BONVEGNA

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