La Guardia di Finanza ha sventato una diffusa truffa che si era articolata su una criptovaluta, Onecoin. In base alla quale si promettevano guadagni stratosferici… ma non più di tanto, visti i modesti investimenti… infatti il metodo dei truffatori del settore in questi ultimi periodi è quello di attirare tanti piccoli risparmiatori che, siccome si tratta mediamente di importi non particolarmente elevati e su cui potrebbe valere la pena anche correre il rischio di perderli, non esitano a “provare”… che a questo punto sarebbe meglio dire “abboccare”.
Il terreno è fertile. I successi altalenanti del Bitcoin, il pullulare di consulenti finanziari emulatori di luoghi e mercati che hanno anche un certo rilievo cinematografico e mediatico. Non ultimo, anche se i tempi sono troppo recenti per questa truffa di Onecoin, il grande rilievo mediatico della libra di Mark Zuckerberg/Facebook. Tutto questo sommato alle incertezze su affidabilità e capacità dei gestori ufficiali del credito italiano (banche), che in questi ultimi anni e tuttora non brillano per trasparenza e affidabilità. Un mix di situazioni che dà ampio spazio alla ricerca, da parte del risparmiatore, di nuove avventure, inusuali, non-convenzionali. Per le quali, invece dei tradizionali bot et similia garantiti da uno Stato verso cui la fiducia e capacità finanziaria è come quella nei confronti delle banche (i salvataggi dello Stato per le varie banche hanno dato una mazzata di credibilità allo Stato stesso), vengono preferiti i nuovi “gingilli”, soprattutto se figli di algoritmi.
Crediamo che questo sia il prezzo che il nostro Paese stia pagando (e continuerà a pagare ancora per molto tempo) per la totale assenza di informazione e formazione finanziaria indipendente. In una società e in una cultura dove il denaro è talvolta ancora considerato come “strumento del demonio”, la separazione di questo denaro dai fondamenti degli strumenti di educazione civica (quando c’è, visto che, a parte le rare e buone intenzioni di qualcuno, questa educazione è ancora una meteora impazzita in un deserto di cultura, formazione e informazione) non può che dare questi risultati.
Certo, esistono i disonesti, e nella società dell’informazione diffusa non c’è da stupirsi che siano in aumento… ma quel che più preoccupa è che esistono coloro che gli credono. Magari, incappati nelle truffe, scrivono e telefonano all’Aduc per chiederci aiuto e qualcuno si arrabbia e ci insulta quando gli diciamo che non c’è niente da fare se hanno affidato i loro risparmi ad un tizio che hanno conosciuto solo per telefono e che li chiamava da una qualche isoletta del Pacifico del Sud, accreditandosi con una sua fotografia accanto ad un’auto Lamborghini o Ferrari.
Ed è qui il problema che i gestori del credito, i controllori dello stesso, soprattutto le Autorità cosiddette indipendenti come Abf (Arbitro Bancario Finanziario) e Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa), devono porsi: stanno facendo abbastanza? E’ chiaro di no. Visto che truffe come quella di oggi spuntano di frequente. Prevenire è meglio che combattere, si dice. Ma qui ci sembra che siamo scarsi in combattimenti e prevenzioni.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc