Il VDAY ha portato una scontata retorica istituzionale *. Odioso male della politica ma, senza sottovalutarlo, andiamo oltre. E’ chiaro che questo non è il giorno del “libera tutti”. Tempi? Si sente di tutto. Flemmaticamente continuiamo con le mascherine e le ormai familiari accortezze. Vedremo. Diamo fiducia alle istituzioni. Essere cittadini, però, non è sinonimo di sudditi. Se qualcosa non torna è bene esternarlo civicamente e organizzarsi per rimediare, individualmente e collettivamente. Il covid insegna che la salute è la base della comunità. Ma come per altre basi (il fisco, p.e.), questo non significa sudditanza, ma diritto/dovere consapevole. Anche critico, ma non denigratorio e distruttivo. Simbolismi. Il 25 aprile 1945 fu la fine di un incubo, il 27 dicembre 2020 è fine di altrettanto incubo. L’avvio di una rinascita. Come nel 1945, rimbocchiamoci le maniche. Non abbiamo città e istituzioni da ricostruire dopo i bombardamenti, ma noi stessi, comunità ed economie. Con un vantaggio rispetto al 1945: Italia ed Europa con un bagaglio istituzionale ed economico da migliorare, non da far nascere dalle ceneri. Migliori diritti e migliori doveri, quindi. Facciamo tesoro di competenze ed incompetenze che abbiamo vissuto. Cittadini, utenti e consumatori, imprenditori, lavoratori, famiglie, individui. Sono motori di istituzioni guidate da umani, giudicate e scelte da altrettanti umani. E’ occasione non per tornare a come eravamo prima, ma per migliorare rispetto a quando non eravamo consapevoli che ci stavamo infilando nell’incubo. Coronavirus, come la distruzione ambientale, non nascono dal caso ma, nella relatività, sono derivati antropici. NOTA *valga per tutti quanto detto, durante il primo vaccino a un’infermiera di un ospedale fiorentino, dal presidente della Toscana: “naturalmente avete visto l’abilità con cui le è stata fatta l’iniezione”: https://youtu.be/-IZyOKFpPFM Vincenzo Donvito, presidente Aduc