Un po’ apparentemente aliena rispetto ai temi che si dibattono oggi per il rinnovo del Parlamento, la proposta di Beppe Grillo perché i 16enni possano votare, a parte la scontata intenzione del proponente di accreditare il giovanilismo del suo movimento, ha un suo spessore.
Gli argomenti a favore sono gli stessi che si possono utilizzare quando si mette in evidenza la migliore qualità della vita. E’ un dato di fatto che oggi a 16 anni si hanno molte più conoscenze e opportunità e autonomie di quando i nostri nonni, genitori e noi stessi avevamo la stessa età.
A 16 anni si ha la responsabilità penale (si va in galera se si commette un crimine) e non si capisce perché non si debba poter decidere chi ti amministra e chi ti governa.
A 16 anni si può guidare un motociclo e per farlo occorre una patente che dà al conduttore la responsabilità del bene e del male sulle strade che percorre. E non si capisce perché non dovrebbe anche poter guidare un’auto a 16 anni e avere il diritto di voto.
A 16 anni nessuno ti può dire nulla se fai sesso col tuo consenso.
A 16 anni finisce l’obbligo scolastico (e quand’anche, come in diversi vorrebbero, si portasse l’obbligo a 18, non sarebbe motivo ostativo per la nostra questione).
Insomma, a 16 anni si è “grandi” nella società di oggi e non si capisce perché non si possa essere anche cittadini al 100%.
Per il diritto di voto a 16 anni, se non vogliamo impastoiarlo in discussioni per la modifica costituzionale, c’è un metodo semplice, semplice, lo stesso che negli anni 80 del secolo scorso fu utilizzato per portare il voto dai 21enni ai 18enni: abbassare a 16 ani la maggiore età.
A parte le disquisizioni psicologiche e di psicopolitica che considerano i sedicenni come automi, l’ostacolo più grosso è: i vecchi che oggi controllano i poteri a tutti i livelli, si vogliono fare da parte e/o decidere anche coi loro figli e nipoti? Cioé: abolire la gerontocrazia.. che non si può fare per legge.
Vincenzo Donvito Maxia