Se ne va un pezzo di storia della mafia: Gerlando Alberti, 84 anni, boss di Porta Nuova, soprannominato "U Paccare’", è morto nella sua abitazione del quartiere palermitano di Pagliarelli. Si trovava agli arresti domiciliari per una delle tante recenti indagini antimafia in cui era rimasto coinvolto e che avevano portato alla sua condanna "in continuazione". Alberti era un esponente della vecchia Cosa nostra, specializzato nel traffico degli stupefacenti e nella raffinazione dell’eroina: fu alleato di don Tano Badalamenti, altro boss storico, e con lui decise la svolta dell’organizzazione negli anni ’70, il business della droga. Posato per via dell’amicizia con Badalamenti, Alberti fu oggetto di un tentativo di omicidio, avvenuto in carcere nel 1983 e da lui mai denunciato. Trovato con lividi e tumefazioni, disse di essere caduto dalle scale: in realtà, come raccontò Francesco Marino Mannoia, l’avevano preso in quattro, senza riuscire ad eliminarlo col veleno portato in carcere dall’avvocato Tanino Zacone, poi condannato per questo fatto.
Negli ultimi anni Alberti, pur essendo vecchio e malato, era ancora considerato un punto di riferimento per i giovani e meno giovani capimafia. Coinvolto nell’operazione Perseo del dicembre 2008, e’ stato stroncato da un tumore. Era zio di Gerlando Alberti junior, condannato all’ergastolo per l’omicidio della giovane stiratrice di Villafranca Tirrena (Messina) Graziella Campagna, uccisa per avere trovato in una giacca dello stesso Alberti un’agendina contenente nomi e numeri compromettenti.