Morire a 40 anni per una diagnosi sbagliata. Accade anche questo all’Ospedale Papardo di Messina, perché al pronto soccorso i medici non sarebbero stati in grado di diagnosticare perentoriamente un principio d’infarto, registrando il paziente come semplice codice verde e lasciandolo morire su una barella dopo circa mezz’ora di agonia; secondo quanto riferito dai familiari della vittima, i quali hanno poi presentato regolare denuncia ai carabinieri. Attualmente è in atto un’inchiesta. L’uomo, Daniele Santamaria, si era presentato in ospedale accompagnato dal padre, accusando forti dolori al braccio e alla spalla. Non è ancora chiaro se si trattava del braccio sinistro, perché in quel caso doveva essere evidente che si trattava di un principio di arresto cardiaco. Se così fosse, si aggraverebbero le responsabilità dei medici di turno, incapaci di identificare uno dei più classici sintomi d’infarto. Probabilmente ci troviamo davanti all’ennesimo caso di malasanità che investe il capoluogo peloritano. La superficialità sembra regnare sovrana e la città di Messina si ritrova di nuovo alla ribalta nella cronaca, a causa del pressappochismo. L’ospedale Papardo dovrà spiegare agli inquirenti le ragioni per le quali il malore del Santamaria sia stato sottovalutato al punto da condurlo alla morte. Mi domando se sia possibile che nel 2012 i nostri sanitari non possiedano ancora l’abilità per mettere a fuoco i sintomi di una delle cause più comuni di mortalità.
Fabrizio Vinci, vinci@usa.com
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