Una banca e una Fondazione sull´orlo del disastro, per un´acquisizione spregiudicata. E’ in questo scenario – scrive Walter Galbiati su Repubblica – che ieri ha fatto irruzione il Nucleo valutario della Guardia di Finanza e la procura di Siena "per capire come sia stato possibile sostenere finanziariamente l´istituto dopo l´acquisto per 9 miliardi di euro di Antonveneta dagli spagnoli del Santander. Una banca che – a detta del presidente uscente del collegio sindacale, il tributarista Tommaso di Tanno – valeva solo 2,3 miliardi. E’ stata, invece, pagata quattro volte tanto, senza nemmeno, sempre secondo Di Tanno, una due diligence sul valore della società. I guai della Fondazione e della banca sono iniziati qui. E sono proseguiti con tutte le manovre per reperire i fondi necessari all´operazione. La prima ricapitalizzazione, di cui fa parte il convertibile denominato Fresh, è del 2008 ed è costata 4,97 miliardi di euro. Nel 2010 arriva il prestito da 1,9 miliardi del Tesoro e nel 2011, un altro aumento da 2 miliardi, con la Fondazione che non molla la maggioranza e si indebita fino a un miliardo. La storia finisce con tutti i titoli di Palazzo Sansedoni in pegno a una dozzina di banche. L´attenzione della procura si e’ concentrata proprio sugli istituti di credito, con Mediobanca in testa, che ‘hanno finanziato – si legge in uno dei 38 decreti di perquisizione – la Fondazione Mps attraverso contratti di Total Rate of Return Swap (Tror)>> sugli appartenenti al "Term Loan", mentre la Guardia di Finanza ha cercato ‘note propedeutiche agli accordi di stand still siglati con la Fondazione, documentazione relativa alle contrattazioni che hanno determinato il rilascio di garanzie in favore delle banche o del "Term loan" da parte della Fondazione Mps, la loro novazione, documentazione concernente il ribilanciamento del debito contratto dalla Fondazione’". Ufficialmente si indaga per aggiotaggio, manipolazione del mercato sul titolo di Banca Mps e ostacolo alle autorità di vigilanza. Ma la sproporzione – annota Giorgio Meletti a pagina 10 del Fatto Quotidiano – tra i reati ipotizzati e la dimensione dell’operazione dispiegata in tutta Italia con l’impiego di 147 uomini della Finanza, lascia intendere che "i magistrati cercano qualcosa di veramente grosso". La vox populi – scrive Paolo Baroni a pagina 9 della Stampa – i magistrati lavorano su un’ipotesi non molto diversa: ipotizzano una ‘truffa’, estero su estero, che vale all’incirca 1,2-1,5 miliardi di euro. E ora, avendo aperto ufficialmente l’inchiesta per aggiotaggio, cercano riscontri alle soffiate raccolte da alcuni ‘fuoriusciti’ di Rocca Salimbeni. A questo miravano le perquisizioni di ieri, ed e’ per questo che i nomi degli indagati, in un primo momento di parla di due dirigenti della banca a sera saliti poi a quattro, verrebbero tenuti coperti. Perchè l’indagine punta molto più in alto, tanto in alto (almeno come dimensione della truffa) da aver messo in allerta addirittura Palazzo Chigi ieri, secondo alcune indiscrezioni, puntualmente al corrente del vero obiettivo delle indagini in corso. Nella montagna di documenti sequestrati a Siena presso la direzione generale della ‘banca rossa’, e poi con i controlli effettuati a Milano negli uffici della Mediobanca e al Credit Suisse, e poi ancora negli altri grandi istituti coinvolti in questi anni nelle operazioni orchestrate dalla Fondazione Monte dei Paschi (da Jp Morgan a Deutsche bank, da Intesa Sanpaolo a Goldman Sachs) si cercano insomma le tracce del flusso dei soldi per arrivare a individuare le responsabilita’ precise dei singoli e la concatenazione dei passaggi di denaro". "Qualcuno, e il sospetto sarebbe piu’ che fondato, ha fatto una ‘cresta’ sull’operazione Antonveneta". Ad Antonveneta il Monte guardava da tempo, e l’ex popolare ú dopo la fallita scalata di Gianpiero Fiorani ú era considerata la preda per eccellenza. "Tanto che – scrive Fabrizio Massaro a pagina 35 del Corriere della Sera – in pochi mesi venne comprata tre volte: dall’olandese Abn Amro per 5,7 miliardi, poi dal Santander per 6,6 miliardi; e fu proprio il colosso spagnolo di don Emilio Botin a rivendere la banca a Mussari, appena due mesi dopo averla rilevata, guadagnandoci 2,4 miliardi. L’indomani dell’annuncio Mps, che in borsa valeva 10 miliardi, ne perse subito 1, perche’ il prezzo venne considerato eccessivo per un istituto regionale come il Monte che pure legittimamente aspirava a diventare la terza banca italiana. Da allora Mps ha dovuto chiedere per ben due volte soldi freschi agli azionisti: 6 miliardi nel 2008 (5 di aumento di capitale e 1 di un bond convertibile ‘fresh’ ora sotto esame della magistratura), altri 2,1 miliardi nel 2011. Per restare al 51% Palazzo Sansedoni ha cominciato a vendere ciò che possedeva oltre al Monte, poi si è indebitata".